L’Intelligenza Artificiale è ormai uno dei temi centrali non solo per tecnologi o ricercatori, ma anche dei responsabili aziendali sempre più interessati a scoprire ed esplorare quali benefici potrebbero derivare dall’utilizzo di robotica, sistemi esperti, computer vision, riconoscimento vocale, facciale e dei gesti.
Siamo di fronte a un fenomeno in decisa esplosione, per lo meno in termini di popolarità, che proprio per questo motivo ha bisogno di una attenta analisi che consenta di separare in modo netto il cosiddetto hype, vale a dire la suggestione che deriva dall’entusiasmo, dalle potenzialità reali.
Indice degli argomenti
Che cosa intendiamo con Intelligenza Artificiale
Meglio partire, magari, dalla definizione stessa di Intelligenza Artificiale.
Nella definizione corrente, Intelligenza Artificiale è un insieme di sistemi ed applicazioni in grado di percepire, comprendere e agire. In altri termini, non è una tecnologia, ma un insieme di tecnologie che abilitano le macchine e i dispositivi a percepire il mondo e l’ambiente nel quale sono inseriti e a raccoglierne i dati, ad analizzare e comprendere le informazioni raccolte, a prendere decisioni informate o definire autonomamente linee guida e comportamenti basandosi sui risultati delle stesse analisi.
Inoltre, ed è questo un elemento chiave, l’Intelligenza Artificiale è in grado di imparare dall’esperienza e modificare i propri comportamenti e i propri processi sulla base di quanto appreso.
Il mercato dell’AI, secondo l’Osservatorio del Politecnico di Milano
Se vogliamo invece definire dimensionalmente il fenomeno, possiamo riferirci all’analisi presentata nel mese di febbraio di quest’anno dall’Osservatorio Artificial Intelligence della School of Management del Politecnico di Milano, che ha analizzato 721 imprese e 469 casi di utilizzo di Artificial Intelligence, riferibili a 337 imprese internazionali e italiane.
Dall’analisi emerge che il 56 per cento delle aziende italiane facenti parte del campione ha già avviato progetti, se pure prevalentemente su soluzioni di Intelligent Data Processing (il 35% dei casi), vale a dire soluzioni che utilizzano algoritmi di AI per estrarre informazioni e avviare azioni basate sulle informazioni estratte, e Virtual Assistant/Chatbot (25%), agenti software in grado di interagire con un interlocutore umano per eseguire un’azione o offrire un servizio. Il dato positivo è che oltre la metà dei progetti è già a regime e solo il 48 per cento si trova negli stadi intermedi, progettuali o pilota.
Per quanto riguarda gli ambiti applicativi, in Italia i settori che si stanno concretamente muovendo sull’Intelligenza Artificiale sono banche, finanza e assicurazioni (17%), automotive (17%), energia (13%), logistica (10%) e telco (10%).
Ma c’è di più: sempre secondo l’Osservatorio, negli ultimi due anni si sono registrate 460 startup attive su questo fronte, che sono riuscite a raccogliere complessivamente 2,2 miliardi di euro a livello internazionale.
Questi numeri, presi nel loro insieme, portano Nicola Gatti, Giovanni Miragliotta e Alessandro Piva, Direttori dell’Osservatorio, a sostenere che “L’Artificial Intelligence potenzialmente non conosce confini applicativi e inciderà progressivamente sul tessuto economico e sociale di ogni paese” […] soprattutto in una logica di miglioramento della competitività.
Sviluppare per l’Artificial Intelligence
Va detto, ed è questo un punto che l’Osservatorio ha messo ben in evidenza, che al momento il numero di soluzioni pronte all’uso è ancora limitato. Per questo è interessante capire come Business Partner, sviluppatori, integratori, system partner possono entrare nella partita in una logica win-win sia verso i propri clienti, sia verso i propri competitor.
Uno dei primi passi da fare quando si tratta di sviluppare soluzioni di Intelligenza Artificiale è pensarle in base a due termini chiave: automating e augmenting.
Nel primo caso, si tratta di automatizzare attività di routine, con l’obiettivo di migliorare produttività e performance.
Un esempio classico è rappresentato dal mondo dei servizi finanziari e dalle policy di routine, per determinare la titolarità di un soggetto ad accedere a prestiti o a benefici assicurativi: un’attività dispendiosa se condotta manualmente, che può essere velocizzata e semplificata introducendo sistemi automatizzati di supporto alle decisioni.
Ci sono altri ambiti nei quali è difficile se non poco opportuno lavorare per automatismi: in questo caso si fa ricorso al concetto di augmenting. Sono i sistemi esperti, quelli in grado di navigare attraverso grandi quantità di dati, sono gli specialisti che assumono le decisioni sulla base delle informazioni derivanti dai dati.
Un esempio concreto?
Il mondo sanitario.
Per un medico navigare tra la molteplicità dei dati e dei casi disponibili su una determinata patologia può non essere semplice ed è comunque dispendioso in termini di tempo: ricevere gli insights da un sistema esperto è il primo passo per arrivare a una decisione informata.
La centralità dei Big Data
Stabilita questa distinzione, indispensabile per capire quale è l’approccio giusto per lo sviluppo di una applicazione, bisogna prendere in esame una serie di altri elementi.
Ad esempio la complessità del lavoro da svolgere oppure la complessità dei dati da analizzare.
Va tenuto presente che se lo sviluppo di applicazioni “tradizionali” segue un processo in sei fasi (pianificazione, analisi, progettazione, costruzione, test e implementazione), quando si parla di sviluppo di applicazioni nell’ambito dell’Intelligenza Artificiale bisogna partire da presupposti diversi: identificazione delle origini dati, raccolta di contenuti, pulizia, curation.
È un approccio diverso, che richiede capacità, mentalità, metodologie differenti rispetto al passato.
E che richiede, oggi più che mai, un consistente supporto da parte del cloud.
La spinta viene dal cloud e dai modelli as a service
In effetti il cloud è fondamentale in ogni progetto di Intelligenza Artificiale.
In primo luogo, perché i data set di cui l’Artificial Intelligence si nutre non sarebbero accessibili e fruibili se non esistesse il cloud.
In secondo luogo perché solo il cloud può garantire la sostenibilità economica di attività e servizi data-intensive e particolarmente onerosi dal punto di vista della potenza computazionale richiesta.
Potremmo dunque sostenere che AI e cloud sono quasi simbiotici: un servizio complementa l’altro.
C’è poi un ulteriore elemento da tenere in considerazione: le competenze.
Abbiamo detto che il numero di applicazioni già pronte all’uso è ancora limitato; altrettanto limitate sono, all’interno delle imprese, le competenze per lo sviluppo di algoritmi sui quali costruirle.
Ed è qui che il cloud entra di nuovo in gioco.
I Big Player, come IBM, si sono mossi infatti verso la realizzazione di piattaforme cognitive in cloud, alle quali sviluppatori e integratori possono accedere per realizzare le proprie applicazioni fruendo degli algoritmi e dei servizi lì disponibili in una logica as a service.
IBM apre le API di Watson agli sviluppatori
Non solo algoritmi, non solo potenza computazionale: IBM ha aperto agli sviluppatori e Business Partner le API di Watson rendendo così più semplice l’interazione tra servizi e applicazioni.
Questo significa che cognitive computing, predictive analytics, elaborazione del linguaggio naturale e machine learning sono a portata di mano, rendendo così accessibili tecnologie e servizi fino a qualche tempo fa alla portata solo di grandi organizzazioni con importanti capacità di spesa.
Aprendo le API di Watson, IBM rende disponibili in cloud:
- Watson Assistant, interfaccia conversazionale per molteplici canali, inclusi dispositivi mobile, piattaforme di messaggistica e robot, con declinazioni già disponibili per i mercati automotive, ospitalità e per altri settori industriali.
- Watson Studio, per lo sviluppo, il training, il deployment e la gestione di modelli di Intelligenza Artificiale, che consente di preparare e analizzare i dati in un unico ambiente integrato.
- Watson Machine Learning, per la creazione, il training e il deployment di modelli di autoapprendimento.
- Watson Knowledge Catalog, che attiva una discovery intelligente dei dati e dei modelli, per applicazioni di intelligenza artificiale, machine learning e deep learning. Consente di accedere, curare, categorizzare, condividere dati, basi di conoscenza e correlazioni ovunque risiedano.
- Watson Discovery, per scoprire il valore nascosto nei dati al fine di trovare risposte, individuare le tendenze, scoprire i cosiddetti “patterns”.
- Watson Discovery News, per esplorare notizie e blog con uno strumento in grado di analizzare concetti, sentimenti, relazioni, categorie.
- Watson Natural Language Processing, per l’analisi e la comprensione del linguaggio naturale e l’analisi avanzata dei testi.
- Knowledge Studio, per far apprendere a Watson linguaggi e contesti tipici di uno specifico settore.
- Watson Visual Recognition, per contrassegnare, classificare e far apprendere, grazie al machine learning, il riconoscimento di contenuti visuali.
- Watson Speech to Text, per la conversione di contenuti audio o di conversazioni in testo scritto.
- Watson Text to Speech, per la conversione in linguaggio e tono naturale di un testo scritto.
- Watson Language Translator, per la traduzione da una lingua a un’altra.
- Watson Natural Language Classifier, per l’interpretazione e la classificazione di linguaggi naturali.
- Watson Personality Insight, per identificare la personalità partendo dalla comprensione del testo.
- Watson Tone Analyzer, per la comprensione di emozioni e sentimenti partendo dall’analisi del testo.
Il progetto With Watson per Business Partner e imprese
Ma non è ancora tutto.
Proprio nelle scorse settimane, IBM ha lanciato un nuovo programma, With Watson, con il quale intende dar vita a una community di persone, dai singoli alle aziende, ai partner, interessati a imparare o a realizzare progetti basati sull’Intelligenza Artificiale.
È un programma che dà accesso agli esperti IBM, sia tecnici sia di marketing, con l’obiettivo di aiutare chi vi prende parte ad accelerare sull’Intelligenza Artificiale.
Tre gli obiettivi di With Watson:
- Accelerare lo sviluppo di soluzioni, grazie all’accesso a risorse esclusive, contenuti tecnici, codici, webinar.
- Entrare in connessione con una rete di innovatori dell’Intelligenza Artificiale, creando momenti di incontro e ingaggio con specialisti, sviluppatori, inventori.
- Accrescere la percezione del proprio brand grazie alla possibilità di affiancarlo a quello di Watson.
Il programma è strutturato in tre livelli (Growth, Premier e Strategic).
Il primo, come suggerisce il nome è per chi inizia a utilizzare i servizi Watson, il secondo è per chi ha già sviluppato applicazioni utilizzando i Watson Services, l’ultimo è per chi è al lavoro su progetti di larga scala.