ServiceNow chiama il trade per la personalizzazione del cloud

Bernardo Palandrani è stato chiamato a gestire il canale, mentre Rodolfo Falcone regge il timone della filiale italiana. Il vendor, impegnato nella transizione verso il modello as-a-service, impone un canale con competenze di sviluppo e di consulenza

Pubblicato il 19 Mag 2017

Loris Frezzato

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Hybrid Cloud come missione, per agevolare il journey dell’IT tradizionale verso il modello as-a-service e velocizzare la digital transformation tanto voluta dalle aziende. E proprio i canoni a sottoscrizione rappresentano il focus di ServiceNow, azienda con casa madre a Santa Clara, in California, che su questa modalità di proposizione dei servizi basa l’intera propria strategia, ricavandone 1,4 miliardi di dollari (dati ultimo fatturato) e impiegando oltre 4.800 dipendenti a livello worldwide.

Channel & Alliances director Southern Europe di ServiceNow

«E le crescite continuano a ritmi da startup – commenta Bernardo Palandrani, che da poco ha assunto il ruolo di channel & alliances director Southern Europe di ServiceNow (quasi in contemporanea con l’entrata in azienda di Rodolfo Falcone come Regional Director – ndr) -, a riprova della tendenza delle aziende a rivolgersi direttamente ai servizi in cloud senza più passare dall’IT tradizionale. L’obiettivo è quello di velocizzare e agevolare la transizione delle aziende verso il business gestito in digitale, una missione per la quale il canale diventa indispensabile, proprio per evangelizzare l’adozione di soluzioni in cloud presso i mercati a cui sono più vicini».

Una vocazione naturale, quella di ServiceNow per il “total cloud”, che nasce dai suoi esordi come tradizionale piattaforma per l’IT Service Management, nata proprio per venire incontro alle richieste di servizi e ticketing legati alla gestione interna dell’azienda. Ampliando col tempo la piattaforma anche a tutta una serie di servizi, come la gestione della sicurezza, delle risorse umane, del customer service e delle business application, consentendo, di fatto, l’intervento dei clienti sulla propria piattaforma per lo sviluppo di app. App che poi possono essere pubblicate sullo store del vendor, vera e propria vetrina di vendita per le diverse personalizzazioni.

Piattaforma personalizzabile

«Si tratta di una piattaforma che è fortemente personalizzabile dal punto di vista del cliente – conferma Palandrani -, e nonostante disponga già delle principali verticalizzazioni di IT tradizionale, Security, CRM, Business Application e HR, il cliente e il partner possono trasversalmente operare sulla piattaforma. Infatti le aziende che via via vengono acquisite da ServiceNow, non integrano i codici, ma possono smontare completamente il codice stesso per poi “rimontarlo” sulla piattaforma nativa. Riscrivendo di fatto il codice, quindi, e non integrando codici. Il che risulta un vantaggio enorme quando un cliente deve effettuare delle personalizzazioni, le quali possono avvenire in maniera molto rapida». Rapidità che è proprio nelle corde di ServiceNow, che come payoff recita, per l’appunto, “The Lightspeed enterprise”. Al punto che certe attività di delivery e aggiornamento, che impegnavano chi vende servizi online da 10 a 15 giorni, con ServiceNow si risolve nel giro di qualche ora. Un aspetto che si trasforma in un punto di forza quando un partner deve gestire il rinnovo, visto che oggi quasi il 99% dei contratti del vendor vengono rinnovati. E che risulta importante anche per la gestione degli aggiornamenti alle nuove release, visto che il vendor ne rilascia una media di 2,5 release l’anno.

Il canale al centro delle strategie

Nel nostro Paese il vendor è presente con una filiale da un paio d’anni, e si rivolge a clienti di medio-grandi dimensioni, tra cui utilities energetiche, fashion, Finance, logistica e manufatturiero. «Al momento il canale pesa per il 65%, ma l’obiettivo dichiarato è di arrivare in poco tempo a fare il 75% tramite indiretta – dettaglia Palandrani -, e per questo l’impegno e gli investimenti sui partner sono aumentati, ritenendoli indispensabili per portare il messaggio del cloud sul mercato. A loro chiediamo una forte competenza sul tema del service management, che non è certo improvvisabile, trattandosi di un rilascio di un progetto dove la parte di subscription, ossia di “prodotto”, si porta dietro anche una buona quota di servizi di progettazione e di delivery che va dal 40 al 60% del costo. Una forte percentuale di valore aggiunto per il canale che sa mostrare le adeguate competenze».

Progetti, di cui quelli più grossi sono in mano ai partner Alliance, con accordi internazionali con nomi quali Accenture, Deloitte, DXC Technology (derivata da HPE Servizi – ndr), IBM, mentre altri sono attivi a livello locale, come NTT, Beta80, Reply. 12 in tutto i partner attivi in Italia, seguiti attraverso un partner program lanciato lo scorso anno, che distingue i Partner in Bronze, Silver e Gold, con obiettivi di fatturato crescenti, come anche il numero di persone certificate.

«Ma al di là di questi parametri – conclude il channel manager -, questo è il momento in cui il canale può sviluppare competenze di una tecnologia che consente di aggiungere valore in termini di delivery e di personalizzazioni oltre che di servizi. Di passare, cioè, da una concezione di gestione a silos a una integrata, governata dal cloud, che consenta di fare management tra le tante, diverse, verticalizzazioni».

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