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Revenue dai Big Data con il Data Hub di Pure Storage

L’approccio del vendor verso il tema dei big data si basa su una piattaforma adattativa e aperta in grado di gestire dati svincolandosi dai classici silos, per nutrire AI e machine learning a beneficio del business

Pubblicato il 02 Ott 2018

Loris Frezzato

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Che farsene dei dati se non servono per generare business? E di dati, oggi, se ne generano, trasmettono, duplicano a iosa, tra strutturati e non, di ogni dimensione e forma, e il problema che ne nasce, se fino a poco tempo fa era prevalentemente riguardo al loro stoccaggio, ora è di come trarne informazioni utili per averne profitto. Il fenomeno del Big Data analytics è pane quotidiano per Pure Storage, azienda nata 8 anni e che da 4 anni è presente anche in Italia, focalizzata proprio nei sistemi di gestione dei dati e che intende trasformare in concetto di Storage in un vero e proprio sistema di valorizzazione dei dati in ottica business.

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Mauro Bonfanti, Regional Director Italy di Pure Storage

«Dove ci sono grandi quantità di dati Pure Storage è presente con le proprie soluzioni – afferma Mauro Bonfanti, Regional Director Italy di Pure Storage – il cui valore è apprezzato ormai da 5.000 clienti worldwide, i quali ci hanno fatto raggiungere, con l’ultimo fiscal year, il fatidico miliardo di fatturato. Un giro d’affari che Pure Storage, in Italia e nel resto del mondo, ha realizzato interamente attraverso il canale di Var e reseller specializzati con il coinvolgimento diretto della distribuzione, che nel nostro Paese si appoggia ad Arrow e a Computer Gross, i quali gestiscono i partner sulla base dei diversi mercati verticali, delle tecnologie e delle geografie presidiate».

Big Data analytics: i dati non sono più silenti

Una crescita di business che va di pari passo con la progressiva consapevolezza del mercato riguardo al valore che è possibile trarre dai dati, anche quelli non strutturati. Il concetto di Big Data Analytics  sembra essere ormai sdoganato da molte aziende, affrancandosi dal classico modello di storage o dalla sola implementazione di infrastrutture Hadoop per andare verso un nuovo modello che apre a nuove opportunità, portando, di fatto, lo storage e i Big Data a essere elementi strategici nelle decisioni di business aziendali.

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Alfredo Nulli Emea Cloud Architect di Pure Storage

«Oggi il tema del big data analytics viene affrontato ed evidenziato direttamente dai clienti – conferma Alfredo Nulli, Emea Cloud Architect di Pure Storage -. La data analytics non è un tema che si affronta a 360 gradi, ma ha declinazioni per le diverse aree tematiche: per le Telco, per esempio, la network analytics è fondamentale, mentre nella gestione molteplice delle quantità di dati si parla di analytics tradizionale. A questi si aggiunge poi un tema simile all’analytics che è quello dello streaming e dell’inserimento dei dati tipico del machine learning e dell’artificial intelligence, risultati di implementazione di enormi quantità di dati. Una massa tale di dati che le aziende ora stanno pensando a come mettere “a revenue”, guadagnarci cioè, traendone informazioni utili al business, piuttosto che affrontare il tema unicamente dal punto di vista dell’allocazione degli stessi».

Serve, quindi, un approccio trasversale allo storage, con visibilità sulle varie piattaforme verticali che invece oggi ancora si tende a utilizzare, e che sono state disegnate per utilizzi diversi: storage orientato al RAID, o al RID, storage per il data warehouse o storage per l’analytics.

Ciò comporta che un’azienda che intenda fare analytics o machine learning, per avere a disposizione dei dati di cui dispone è costretta a travasarli nella piattaforma più opportuna per l’uso. Pure Storage subentra in tale contesto con una piattaforma adattiva e bidimensionale per dati strutturati e non strutturati, che permette ai clienti di soddisfare tutte le fasi di progettazione di un’analitycs, da quella di ingestion, quella di adattamento dei dati, di reportistica e di lavoro sui dati stessi, senza doversi spostare tra le diverse piattaforme, facendo convergere tutti i dati per ogni uso se ne debba poi fare.

«È quello che definiamo Data Hub, che si differenzia dal Data Lake che è una definizione che nasce in ambito analytics, per estendersi verso i concetti di machine learning e artificial intelligence – riprende Nulli -. Il Data Hub fornisce una piattaforma adattiva sia in termini prestazionali sia capacitivi rispetto agli use case di riferimento, capace di gestire tipologie di dati differenti, grandi o piccoli, pochi o numerosi, strutturati o non, con le stesse predictive performance. Un obiettivo su cui abbiamo basato la nostra strategia, senza compromessi: abbiamo scelto l’all flash e non cediamo a soluzioni ibride, a beneficio della semplicità, rendendo i clienti liberi di sfruttare le funzionalità previste dalle piattaforme, con prestazioni predicibili e costanti, indipendentemente dai singoli use case».

L’adattabilità della piattaforma alle tipologie e alle quantità dei dati la rende così in target con aziende di qualsiasi dimensione e mercato, dalla piccolissima impresa all’enterprise, con appetibilità particolare per il Banking e le Telco, ma anche per quelle aziende che intendono sfruttare i dati per utilizzi in campo AI e machine learning.

Un’offerta che si potenzia ora con la sigla di una partnership strategica con Nvidia volta a creare una soluzione integrata le sue capacità di computing per il machine learning e AI e le piattaforme Pure Storage, proprio per metterle al servizio dei nuovi impieghi FlashBlade nell’analytics. Una soluzione che prende il nome di AIRI (Artificial Intelligence Ready Infrastructure), che consente ai clienti di testare le soluzioni di machine learning, uscendo dalla classica sperimentazione accademica. Soluzione scalabile che consente ai clienti di aggiungere potenzialità di calcolo e storage in funzione del crescere delle esigenze e di quanto poi effettivamente andrà messo in produzione.

Serve un canale competente per attivare “data analytics as a service”

La Big Data analytics rimane comunque ancora un tema approcciato con una certa incertezza, anche per un problema di competenze e cultura. Servono infatti skill non infrastrutturali, ma da data scientist, in grado di estrarre valore dalla semantica del dato. Figure che in Italia stentano a emergere, e quelle esistenti vengono prevalentemente cresciute e formate all’interno di progetti embrionali di grandi istituzioni, soprattutto Banche, che hanno lanciato progetti di innovazione digitale. «Mentre lo sviluppo di competenze è la condizione necessaria affinchè un system integrator possa affrontare progetti di questo tipo, i quali invece in Italia si stanno con molta lentezza, partendo ancora da argomenti molto vicini all’IT, come la predictive maintenance, la log analysis, la cybersecurity, ossia dall’uso dell’analytics per predirre comportamenti sospetti dal punto di vista della sicurezza. Sempre mirati all’efficientamento e al miglioramento delle operazioni IT. Manca ancora il salto di qualità che consenta di vedere l’analytics da altri punti di vista più strategici. Pure Storage scommette sulla strategia di canale, coinvolgendo i grandi system integrator nella proposizione di questi progetti alle aziende. Si tratta di un ecosistema di system integrator votati alla sperimentazione, ma anche di organizzazioni che iniziano a sviluppare infrastrutture di analytics as a service, di service provider che abilitano le proprie infrastrutture a ospitare grandi moli di dati per conto dei clienti. Consentendo di fatto anche ai clienti più piccoli di affrontare il mondo dell’analytics senza doversi dotare di infrastrutture on premise» conclude Bonfanti.

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