Strategie

Blueit, un partner a misura di azienda per l’outsourcing

Abituata da sempre a districarsi tra tutti gli strumenti e i passaggi dell’evoluzione garantendo l’equidistanza dai produttori, l’azienda scommette su IoT con la nuova realtà b.digital

Pubblicato il 15 Giu 2017

Giuseppe Goglio

outsourcing

Dai primi mainframe installati decine di anni fa, ancora presenti più di quanto si possa pensare nelle grandi aziende, verso il cloud e IoT, il percorso è stato lungo e ricco di svolte capaci di portare molte infrastrutture IT a livelli di complessità difficili, se non impossibili da gestire con le proprie risorse. Anche chi può contare su una maggiore omogeneità, deve tuttavia fare i conti con costi di gestione e competenze non sempre sostenibili. In situazioni del genere, si trova in vantaggio chi è in grado di mettere in campo una conoscenza a tutto campo del mercato, senza tuttavia schierarsi. «Abbiamo seguito sin dall’inizio l’evoluzione dell’outsourcing – afferma Girolamo Marazzi, CEO e fondatore di Blueit -. Nelle medie aziende in particolare, l’irrigidimento nell’offerta dei grandi system integrator ha di fatto creato spazi per proposte più flessibili e indipendenti dal singolo marchio. Uno dei nostri punti fermi è cercare di essere equidistanti, per aiutare ciascuno a trovare la soluzione migliore».

Questo non impedisce alla società brianzola di coltivare comunque ottime relazioni con i principali vendor. Rapporti destinati però a rafforzare l’offerta più di costruire un canale privilegiato. «Il nostro focus sono i servizi a valore, per comporre competenze e processi – prosegue Marazzi -. Non ci consideriamo rivenditori, per noi hardware e software sono solo strumenti a nostra disposizione da combinare nell’interesse del cliente».

Un’alternativa al cloud

Una scelta di campo pronta a rivelarsi utile nel momento in cui a un’evoluzione ancora da completare come il cloud se ne affianca un’altra già pronta all’avvio. «Trovare un’alternativa al modello rigido di cloud computing non significa tenere tutto in casa – riflette il CEO -. Bisogna saper individuare la migliore strada ibrida, e se anche questa è la scelta, c’è il problema di gestire le risorse, con costi e competenze difficili da sostenere in proprio. In più, dobbiamo aggiungere l’imminente trasformazione digitale».

Essersi dimostrati capaci di scandagliare il mercato e comporre la soluzione a misura di azienda, ha portato a raggiungere dal 2008 a oggi un patrimonio intorno a due milioni di euro, con un fatturato 2016 da 17 milioni di euro. Per affrontare la nuova sfida, non è però sembrato sufficiente.
«Essere percepiti come una sorta di advisor per l’innovazione ci ha fatto scattare la consapevolezza di poter sfruttare un’altra opportunità – interviene Paolo Mazza, marketing & innovation director di Blueit e CEO di b.digital -. Possiamo diventare partner per l’innovazione, in grado di aiutare le aziende a costruire un’infrastruttura in grado di reggere la trasformazione digitale».

Paolo Mazza, marketing & innovation director di Blueit e CEO di b.digital

 

Una nuova realtà per inseguire i nuovi trend

Una convinzione forte, al punto di creare un ramo di azienda distinto, b.digital, in grado di poter contare sulle risorse in ricerca dedicate e la flessibilità del caso. Una nuova realtà per far fronte soprattutto a un nuovo scenario. «La figura che segue l’innovazione è raramente all’interno dell’IT – puntualizza Mazza -. Questo ha provocato un marcato scollamento con il business. Manca un mediatore all’interno delle organizzazioni, qualcuno capace di assecondare i bisogni del management e al tempo stesso far sì che i relativi servizi funzionino. Occupare questo ruolo di connettore capace di unire le parti è un’opportunità interessante».

Un problema non nuovo, arrivato però al momento della resa dei conti sotto l’impulso di IoT, portatrice di nuove variabili. «Intelligenza artificiale e industrial IoT sono temi collegati tra loro, con una grande componente di integrazione – riprende Mazza -. C’è tanto valore da estrarre, ma non è facile, perchè ora i dati arrivano dalla produzione e non dai sistemi IT. Vanno interpretati e un mondo tradizionalmente isolato come l’IT ha bisogno di essere integrato».

In più rispetto al passato, si tratta di dati non più gestiti dai tecnici informatici, ma destinati ad arrivare direttamente al management, con il pericolo di ridimensionare il ruolo dei CIO. Una ragione in più, per affidarsi a un arbitro imparziale e pronto a conciliare gli interessi di entrambi. «Serve chi è capace di attaccare la spina tra IT e produzione – conclude Mazza -. Crediamo di essere in posizione di vantaggio, grazie al nostro impegno affinchè ciascuno possa inserire e prelevare informazioni di filiera nel mondo più semplice possibile».

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