Intelligenza artificiale

Il chatbot di Facebook negozierà per noi

I ricercatori del team FAIR del social network hanno scoperto che i loro chatbot si sono messi in contatto con gli altri, per creare un nuovo linguaggio e imparare a negoziare. Meglio di noi

Pubblicato il 21 Giu 2017

Paolo Longo

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I chatbot sono molto di più di ciò che crediamo. Se finora è stato sponsorizzato il loro compito principale, ovvero servire 24/7 i clienti online, beh, le opportunità di crescita sono decisamente maggiori. Durante una recente analisi circa lo stato dei bot gestiti, i ricercatori del laboratorio FAIR – Facebook Artificial Intelligence Research, hanno scoperto che i piccoli software univoci realizzati internamente sono cresciuti ben oltre le aspettative,  senza l’aiuto dell’uomo.

Basandosi su un avanzato sistema di machine learning, tutti i chatbot hanno nel dna la capacità di apprendere qualcosa di nuovo con il passare del tempo, grazie all’interazione con gli utenti in carne e ossa. Quello che è strano è che gli algoritmi supportati da Facebook sono riusciti a mettersi in contatto tra di loro, via internet, per scambiarsi informazioni e, in un certo senso, aggiornarsi in autonomia, come farebbe qualsiasi individuo sulla terra.

Con lo scopo di comunicare meglio con gli esseri umani, i chatbot hanno capito che forse era più opportuno migliorare il loro linguaggio, modificandolo e creandone uno ottimizzato, fatto di un codice decisamente diverso da quello originario sviluppato dal FAIR. Per questo i tecnici si sono ritrovati davanti agli occhi stringhe mai viste, linee totalmente nuove e prive di senso per chi non parla la lingua degli algoritmi.

Il bello è che tramite questa nuova tipologia di idioma, i bot hanno pure affinato i metodi di negoziazione già presenti nella struttura originaria del software, mettendo in atto strategie fino ad oggi peculiari del modus operandi dell’uomo, anzi anche più raffinate. Ecco un esempio: in un gioco che vede da un lato un utente e dall’altro un chatbot, viene chiesto a entrambi di trovare un accordo sulla divisione di alcuni beni, portatori di punteggi diversi: un libro (8 punti), due cappelli (1 punto in tutto), tre palloni (0 punti). L’umano sceglie tutti i palloni, lascia il resto al computer ma poi tenta di portarsi a casa anche il libro, che vale di più. Il chatbot accetta di lasciare un cappello e tutti e tre i palloni che, presi singolarmente, danno un ammontare di oggetti maggiore ma un punteggio più basso di ciò che rimane nelle mani dell’algoritmo, un libro (8) e un cappello (0,5).

Il compromesso a cui si è giunti è la conseguenza della crescita autonoma del chabot che ben presto potrà prendere decisioni, anche critiche, al nostro posto. Grazie alla qualità del saper sacrificare qualcosa per ottenere un premio maggiore, il bot sarà in grado di preventivare ogni possibile risultato, confrontandolo con gli altri. In questo modo arriverà a suggerire la strada migliore, quella che potrà dare una rendita più alta in futuro. Planning all’ennesima potenza.

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