Aziende

Dati? No, informazioni. Commvault gestisce e tutela il patrimonio aziendale



I dati non rappresentano nulla se non sono reperibili e analizzabili. Questa la linea del vendor, che si presenta a un canale in ridefinizione con la nuova versione, la 11, della propria piattaforma (ex Simpana). Tra le caratteristiche, l’apertura alle Api esterne

Gianluigi Torchiani

Pubblicato il 04 Gen 2016


Vincenzo Costantino, Technical Services Manager Italy di Commvault

I Big Data non sono una massa di dati che occupa spazio e per i quali bisogna trovare un posto “ordinato”. I dati che transitano in azienda sono da leggere come informazioni che servono, possono servire, al business dell’azienda, e non devono “ammuffire” all’interno dei data center o del cloud. Proprio la trasformazione del ruolo dei dati è l’obiettivo che si è posto Commvault, azienda focalizzata nella gestione delle informazioni aziendali «attraverso una soluzione che non si limita alla protezione e restore dei dati, ma indicizzando e gestendo gli stessi, per una loro memorizzazione oculata – spiega Vincenzo Costantino, Technical Services Manager Italy di Commvault -, riuscendo così a discernere cosa è importante, o non, per l’azienda e di conseguenza cosa tenere o cancellare. E la nuova versione della piattaforma, la 11, in rilascio a inizio anno (non più col nome Simpana, come in passato, ma Commvault – ndr) enfatizzerà, appunto, tali aspetti di gestione delle informazioni, sia quello di accesso ai dati in modo nativo. Ossia, gli utenti potranno accedere ai dati protetti senza dover farne il restore, a favore di un’immediatezza nell’utilizzo del dato, con il risultato di un risparmio in termini di storage, per il quale sempre più viene presa in considerazione l’opzione Cloud. Ovviamente in una logica di sicurezza».

La formula è sempre quella “italiana”, ossia di approccio flessibile alle novità. Molti clienti comprano servizi nel cloud, offerti dai vendor più blasonati, «ma poi ci chiedono di fare una copia di dati nel cloud on-premises: dà tranquillità. Non si sa mai. Meglio avere un piano B. Oltre ad avere una copia dei dati on site per fare attività di test e di sviluppo» evidenzia il manager. Un discorso che vale anche nel disaster recovery, prima inteso su sedi esterne, mentre ora l’opzione Cloud viene presa sempre più in considerazione, soprattutto per le moli di dati in long retention.

«Si tratta di trend in linea con la nostra offerta – prosegue Costantino -, permettendo di prendere i dati da una macchina fisica, in produzione, e di convertirla in virtuale, metterla in un Cloud o spostarla in un altro Cloud o, ancora, portarla in casa. Rispecchiando le esigenze dei clienti. Parallelamente a ciò c’è poi la virtualizzazione, che consente di creare un Cloud che in ogni momento può essere eletto a nuovo data center. Fino a qualche anno fa il backup era visto come “paracadute”, oggi si cerca invece di utilizzarlo al meglio, con una indicizzazione che consenta la ricerca delle informazioni, la eDiscovery, che consenta di collegare i dati al business».

La risposta di Commvault

Basta, quindi, fare il puro backup! Non serve avere una scorta di dati. La proposta di Commvault verte, appunto, sulla gestione e analisi dei dati per trarne informazioni di business. Con un repository accessibile facilmente, sia internamente sia esternamente. Senza il vincolo di avere un unico fornitore Cloud privato, ma con Commvault che si assume un ruolo da cloud broker, consentendo di scegliere il Cloud che meglio risponde alle esigenze espresse. E utilizza il Cloud in modo che i dati possano essere fruiti quotidianamente dagli utenti.

«Inoltre stimoliamo i clienti a diventare “cloud provider di sé stessi”, rendendo con Commvault i propri dati accessibili in mobilità, e in sicurezza, essendo tutto cifrato. Proteggendo i dispositivi in maniera centralizzata pur lasciando all’utente l’accesso ai dati da remoto. Cryptoloker, per esempio, ha fatto danni nel 2015 che noi proponiamo di aggirare, impostando una policy che imponga di tenere almeno le ultime 3 versioni di ogni file: in caso di criptazione dell’ultima versione, i danni saranno limitati, recuperando la versione precedente, di fatto immunizzando gli utenti» indica Costantino.

La nuova versione è open ed è in mano al canale

Tra le caratteristiche della nuova versione di Commvault, ci saranno le API open, rilasciandole per i vari vendor partner, che volendo possono innestarsi direttamente nella piattaforma Commvault e archiviare i dati e proteggere le informazioni in maniera nativa all’interno delle applicazioni da loro sviluppate. Si tratta di una major release, che porta oltre 100 nuove funzionalità e che sarà veicolata attraverso il canale, fatto di system integrator che in questo momento sono in piena ri-selezione, sia per ridefinire le competenze in base alle nuove esigenze mostrate dai clienti, sia prendendo in considerazione le tante realtà nuove che si stanno, o vorrebbero, avvicinarsi all’offerta Commvault.

«Una selezione che vuole definire con estrema attenzione come lavorare con ognuno di loro, in maniera da massimizzare gli obiettivi reciproci – conclude Costantino -. Stiamo inoltre lavorando con i service provider, anche molti locali, per dare soluzioni di backup o recovery as a service, o IaaS, alla fascia medio-bassa dei clienti, orientati anche alla forma in servizio della soluzione». Un canale che al momento è seguito attraverso il tradizionale, preesistente, Partner Program, il quale presto sarà aggiornato sulla base del nuovo assetto di terze parti che il vendor sta definendo.

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