Software

Google pronta al lancio di un OS per l’Internet of things

Il progetto, dal nome in codice Brillo, potrebbe essere già presentato all’ormai imminente fiera degli sviluppatori

Pubblicato il 25 Mag 2015

Gianluigi Torchiani

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Per ora sono soltanto indiscrezioni, ma di certo di primissimo piano. Stiamo parlando delle voci che rimbalzano sul Web dell’imminente lancio di Google Brillo, un sistema operativo specificatamente dedicato all’Internet of things, che dovrebbe essere presentato dalla casa di Mountain View nel corso dell’imminente fiera degli sviluppatori di San Francisco in programma il prossimo 28 maggio. Come noto, infatti, l’Internet of things è ormai una realtà e, secondo tutti gli studi di previsione, è destinato a una crescita esponenziale nei prossimi anni. Il problema che sta diventando sempre più evidente è l’assenza di standard o criteri di comuni alle decine di migliaia di prodotti diversi capaci di dialogare con il Web. Qui interviene Google che, come già fatto a suo tempo per gli smartphone con l’operazione Android, vuole lasciare la sua impronta anche in questo settore. Secondo le indiscrezioni, infatti, Brillo (in realtà si tratta con ogni probabilità di un titolo provvisorio) dovrebbe funzionare soprattutto per i dispositivi meno potenti (dunque non per il settore industriale o l’automotive), come le lampadine intelligenti o telecamere di sicurezza ed essere estremamente leggero (si parla di 64 o 32 MB), proprio per non pesare sul funzionamento di piccoli dispositivi che compongono la Internet of Things.

Ma cosa comporterebbe il varo di un sistema operativo? Per i produttori il vantaggio sarebbe evidente, perché non sarebbe più necessario costruire da zero un software per ogni nuovo prodotto immesso sul mercato. Tra l’altro, l’affermazione di un sistema operativo come dominante potrebbe rendere più semplice la comunicazione dei diversi oggetti fra di loro, operazione invece oggi ancora molto sulla carta. Per Google i vantaggi sono molteplici: da un lato milioni di piccoli dispositivi collegati a Brillo garantirebbero a Big G una enorme quantità di informazioni sulla vita quotidiana degli utenti che, privacy permettendo, potrebbero essere in qualche modo rivendute commercialmente. C’è poi chi sostiene che la casa di Mountain View abbia voluto anticipare mosse simili da parte di Apple o di altri big del settore IT. Google, in ogni caso, aveva già più di un piede nel settore dai tempi dell’acquisizione (gennaio 2013) di Nest Labs, leader di mercato per i termostati intelligenti, costata ben 3,2 miliardi di dollari.

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