Innovazione

Analytics, una rivoluzione che permette di andare oltre l’intuizione



L’adozione di un software non è però sufficiente a garantire alle aziende la realizzazione strategie aziendali efficaci e vincenti

Gianluigi Torchiani

Pubblicato il 20 Mar 2015


Paolo Sito

Il nostro compatriota e celebre esploratore Cristoforo Colombo quando nel 1492 intraprese la sua famosa spedizione verso Occidente si era posto l’obiettivo di poter trovare una nuova rotta per raggiungere le Indie: una strada più agevole per poter praticare le attività commerciali con i popoli che abitavano quelle terre. Nonostante la buona intuizione, che avrebbe comunque determinato la prova che la terra fosse sferica e non un piano contornata dal nulla, è evidente che Colombo non fosse in cerca di nuovi territori. Quella che viene definita come la più importante scoperta geografica fino ad oggi rilevata è avvenuta quindi per un caso. La storia ci insegna che dal quel caso è nata un’opportunità per la Spagna che ne ha inizialmente tratto i maggiori vantaggi (compiendo – come si sa – azioni che non possono essere definite amichevoli o spinte da volontà di fratellanza fra i popoli). Opportunità che ha caratterizzato per secoli lo sviluppo di tutta la civiltà mondiale. Resta il fatto che si è trattato di un caso. Qualcuno in modo triviale potrebbe dire che si tratta della famosa legge delle 3 C: C…. C…. C…. Se volessimo essere un po’ più scientifici e usare termini più appropriati dovremmo dire che si tratta di uno dei più famosi casi di serendipità. La serendipità (neologismo usato per la prima volta dallo scrittore Horace Walpole in una lettera scritta nel 1754, ispirato dalla lettura della fiaba persiana “Tre prìncipi di Serendippo”) si riferisce proprio alla fortunata occasione di fare scoperte per puro caso o di trovare una cosa non cercata e imprevista mentre se ne stava cercando un’altra. Come Colombo che cercava le Indie e scoprì l’America. In un’ottica di business l’opportunità di realizzare nuove scoperte può spesso tradursi in una leva abilitante all’innovazione che spesso comporta l’implementazione di nuovi paradigmi di produzione, l’adozione di nuovi business model, l’uso di nuovi canali di vendita.

Se ci si pone in quest’ottica, risulta semplice immaginare che qualsiasi espediente che aiuti le persone a migliorare le loro ricerche e a semplificare questo compito, non può che essere visto come un elemento fondamentale per l’applicazione della propria politica aziendale. Il mondo, soprattutto quello economico, ha subito negli ultimi decenni un appiattimento notevole. Quelle che nel secolo scorso erano ritenute barriere molto difficili da valicare (mi riferisco non solo a quelle geografiche, ma anche a quelle culturali) sono diventate oramai dei semplici dossi e molte sono le aziende che, per continuare la loro attività lavorativa, devono muoversi con nuove modalità, affrontando nuovi mercati che, a causa della semplicità con cui nuovi attori possono presentare la loro offerta grazie al web, sono anche diventati molto difficili da fidelizzare. Insomma la fluidità è notevole (Bauman definisce la nostra società “liquida” e in qualche modo riguarda anche quello di cui stiamo parlando) e bisogna continuamente stare all’erta per individuare trend e non farsi sorprendere dalle novità. La conseguenza di queste necessità si traduce nel dover tener conto di grandissime moli di dati al fine di poter trarre da queste le informazioni che si ritengono importanti per la propria attività.

L’impiego degli Analytics è cosa di questi ultimi anni. Si tratta di quelle modalità che, come dice la parola, servono ad analizzare i dati in modo più critico di una semplice lettura di numeri e a identificare all’interno di questa moltitudine di informazioni quelle che si rilevano strategiche per la conduzione della propria azienda. Esistono soluzioni che aiutano l’utente nella ricerca di nuove correlazioni e addirittura a intravedere trend difficili da osservare a “occhio nudo”. Si tratta quindi di applicazioni software che, grazie alla loro specializzazione, ridefiniscono il paradigma dell’analisi dei dati: in pratica non solo ci dicono con occhio più introspettivo quello che è già stato, ma riescono in qualche modo a ipotizzare quello che sarà. Parliamo di sistemi che rappresentano la punta di diamante della Business Intelligence. Questi software si pongono l’obiettivo di far fronte a un’esigenza che giorno dopo giorno si sta ponendo sempre più ai manager, la moltitudine di persone preposta a prendere decisioni, a definire tattiche strategiche che, proprio perché i dati aumentano in modo esponenziale, risulta attività sempre più complicata.

In questi giorni ho partecipato a un evento che aveva come relatore un Direttore Marketing di una grande azienda di accessori di moda (si parla di un brand famoso). Fra le tante frasi apparse nelle slide presentate ne ho evidenziata una che riassume quello di cui stiamo parlando. Analizzando i nuovi trends del marketing (quello che lui definiva il passaggio dal marketing 1.0 al 2.0) c’era anche questa mutazione: INTUITON -> ANALIZE DATA

La cosa importante era che questa mutazione non veniva vista come un passaggio influenzato da una scelta di moda, ma come una necessaria evoluzione del modo di condurre le aziende. I dati e le informazioni da controllare sono tantissime. Basarsi solo sull’intuizione può essere drammatico per molte realtà che affrontano mercati ogni giorno più complessi. Attenzione però a un altro messaggio importante. Nelle aziende deve crearsi quel clima adatto a sperimentare, a cercare nuove soluzioni e nuovi paradigmi. Non è certo l’adozione di un software che consentirà alle aziende di realizzare strategie aziendali efficaci e vincenti. La prima cosa che un’azienda deve assicurarsi di creare è un ambiente in cui le sfide, i progetti, la ricerca trovino terreno fertile per riprodursi e contagiare tutti i collaboratori dell’organizzazione. La Data Visualization permetterà a chi ha qualche problema di vista di poter guardar meglio le cose, con una nuova luce, ma non consentirà mai a un cieco di riacquistare la vista. Dopotutto lo stesso Colombo avrà trovato l’America per caso, ma lui le Indie le stava cercando!

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