La crescita delle startup fintech in Europa sta imponendo nuovi modelli di governance, processi e scelte operative che incidono in modo significativo sulla capacità di competere in mercati regolamentati. La conversazione tra la redattrice di Sifted, Amy Lewin, e Alexandre Prot, co-fondatore e CEO di Qonto, offre uno spaccato utile per comprendere come una società finanziaria digitale gestisca espansione geografica, evoluzione di prodotto e controllo dei rischi in un contesto di scala crescente.
Le osservazioni di Prot aiutano ad analizzare non solo la strategia dell’azienda, ma anche alcuni temi strutturali che riguardano l’intero segmento europeo delle fintech orientate alle piccole e medie imprese.
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La crescita disciplinata di una fintech europea
Secondo Prot, Qonto serve oggi «500mila clienti SMB» in otto Paesi europei, contando «1.700 dipendenti» distribuiti in cinque uffici e con un obiettivo dichiarato di arrivare a «2 milioni di clienti entro il 2030». La traiettoria di crescita rappresenta un caso rilevante per osservare come una startup fintech mantenga equilibrio tra espansione e governance, soprattutto nel segmento business-to-business, storicamente più complesso rispetto ai servizi retail.
La strategia di Qonto è stata prevalentemente organica. Prot ricorda come l’acquisizione cliente sia avvenuta «uno per uno», attraverso l’apertura di conti aziendali e il progressivo ampliamento dei servizi utilizzati. L’espansione per linee esterne non è mai stata considerata un acceleratore sistematico. Le uniche operazioni di M&A eseguite in otto anni hanno riguardato società con funzioni complementari: Penta in Germania e Regate in Francia.
L’acquisizione di Penta, tre anni fa, aveva come unico obiettivo consolidare la presenza locale. L’azienda tedesca contava circa «50mila clienti», poi migrati sulla piattaforma Qonto. La logica del deal era pienamente geografica: Penta era «molto più forte in Germania» e la società francese aveva interesse a rafforzarsi in uno dei mercati più competitivi d’Europa.
Il secondo deal, quello con Regate, ha invece ampliato l’orizzonte di prodotto introducendo strumenti finanziari più evoluti e un nuovo canale: i commercialisti, definiti da Prot «stakeholder molto importanti» per rendere più fluido il passaggio dal banking alla contabilità.
Le due operazioni incarnano una visione prudente: crescere sì, ma in modo allineato al core business. Prot non presenta l’M&A come scorciatoia, bensì come strumento da usare «solo se consente di andare più veloci su geografie o prodotto».
Il peso dell’integrazione è descritto in modo diretto: «comprare un’azienda è piuttosto facile; la parte difficile è integrarla». La necessità di evitare rallentamenti organizzativi mostra come la scalabilità non dipenda solo dall’ambizione ma dagli equilibri interni.
Espansione internazionale e differenze operative tra mercati
La presenza in otto mercati permette a Qonto di operare come una startup fintech europea, ma evidenzia anche la complessità di mantenere modelli agili in contesti diversi. I mercati storici – Francia, Germania, Italia e Spagna – hanno raggiunto una massa critica che rende necessario un maggiore livello di coordinamento, mentre i Paesi appena aperti (Paesi Bassi, Belgio, Austria, Portogallo) funzionano come micro-unità più snelle.
Prot descrive il team olandese come «una piccola startup» di 10-15 persone che può muoversi con riunioni quotidiane e cicli di progresso molto rapidi, una condizione difficilmente replicabile in mercati con «centinaia di migliaia di clienti».
Il dualismo tra maturità e velocità mette in luce una caratteristica comune a molte startup fintech che passano dalla fase di scale-up alla fase di operatore internazionale regolamentato.
Velocità, compliance e il ruolo decisivo dell’organizzazione interna
Una parte centrale dell’intervista riguarda il rapporto tra innovazione e controlli. Prot spiega come in una startup fintech sia necessario bilanciare rapidità e robustezza. Ci sono team che devono dare priorità assoluta alla compliance, soprattutto nei processi antifrode, mentre altri possono lavorare con logiche iterative tipiche del software.
La distinzione non è solo culturale ma tecnica. Chi opera nella prevenzione delle frodi non può permettersi di «lanciare troppo in beta», mentre chi sviluppa nuove interfacce o funzionalità può farlo con margini maggiori di sperimentazione.
Questo modello a doppia velocità è uno dei temi più rilevanti nell’evoluzione delle fintech europee, chiamate a mantenere affidabilità bancaria e rapidità di sviluppo.
Identità digitale, frodi e l’uso avanzato dell’AI
Un altro punto chiave è l’impiego dell’intelligenza artificiale. Qonto utilizza GenAI sia nei processi antifrode sia nel customer service. Prot racconta che l’azienda ha iniziato presto a utilizzare indicatori tecnici come «indirizzi IP e indirizzi MAC» per rilevare comportamenti sospetti, evidenziando come non tutte le banche tradizionali adottassero tali sistemi.
L’esempio mostra il ruolo che le startup fintech possono assumere nell’evoluzione delle pratiche di sicurezza digitale.
Sul lato customer service, il 54% delle interazioni in chat è gestito da chatbot basati su modelli generativi. Secondo Prot, il tasso di soddisfazione dei clienti è «alto quanto quello della parte gestita dagli agenti umani». L’uso della GenAI non sostituisce completamente il lavoro umano ma permette al team di concentrarsi sui casi più complessi, mentre l’assistenza diventa continuativa e multilingue.
L’identità digitale emerge come un tema strutturale anche quando Prot cita la startup olandese Duna, fondata da Duco, che lavora sulla verifica dell’identità online. Il tema diventa cruciale in un’epoca segnata dal rischio dei deepfake, con implicazioni dirette per ogni startup fintech che gestisce onboarding e transazioni.
Licenze, capital allocation e scenari di sviluppo
Qonto opera oggi come istituto di pagamento, una scelta che ha permesso di crescere senza i requisiti patrimoniali richiesti alle banche. Tuttavia Prot conferma che la società sta valutando la possibilità di richiedere una licenza bancaria in futuro, ora che è «redditizia da due anni» e ha costruito una parte significativa dell’infrastruttura tecnica, incluso un card processor interno.
Una licenza bancaria aprirebbe tre aree di sviluppo: finanziamenti più ampi e di più lunga durata, prodotti di risparmio e investimento, maggiore indipendenza dai partner bancari. Prot sottolinea come il 78% dei clienti utilizzi Qonto come conto principale, e ampliare la gamma di servizi sarebbe coerente con l’obiettivo di servire aziende più grandi.
Sul fronte capitale, la posizione è netta: la società non intende raccogliere nuovi round equity nel breve periodo. L’unica eccezione potrebbe essere un’acquisizione «grande o molto grande» da finanziare in contanti. I secondary round menzionati servono soprattutto a dare liquidità ai dipendenti, non a finanziare operazioni ordinarie. Riguardo a una possibile IPO, Prot parla di un processo di preparazione costante, ma chiarisce che «non ci sono piani a breve termine», preferendo concentrarsi sull’esecuzione e sulla crescita organica.
Errori iniziali, trade-off e apprendimento organizzativo
Uno degli elementi più utili della conversazione è l’autocritica di Prot sui primi anni della società. Racconta che lui e il suo co-founder erano «troppo impazienti» di lanciare, al punto da trascurare la progettazione della struttura aziendale per il medio periodo. Anche aspetti operativi come la ricerca degli uffici hanno richiesto più tempo del previsto, con spostamenti frequenti dovuti alla crescita.
Il riconoscimento delle inefficienze e l’adattamento successivo mostrano come la costruzione di una startup fintech passi attraverso fasi di apprendimento che non possono essere completamente previste al momento del lancio. Le lezioni maturate nei primi anni hanno portato Qonto a rafforzare governance, livelli di gestione e processi interni, elementi indispensabili per operare in un settore ad alta regolamentazione.








