25 anni di innovazione

Michele Balbi, Teorema: verso una nuova crescita, con le radici ben salde a Trieste

A colloquio con Michele Balbi, fondatore e presidente di Teorema Engineering: una storia imprenditoriale di oltre 25 anni tra tecnologia e territorio. Con una ambizione: giocare da grandi con i grandi

Pubblicato il 09 Lug 2020

Michele Balbi - EY - Teorema

Trieste e la tecnologia: sono queste le due passioni sulle quali si è costruita la storia personale e imprenditoriale di Michele Balbi, fondatore e presidente di Teorema Engineering.
Una storia che lui stesso definisce “più di 25 anni di sogno e follia”, nata dalla volontà di fare della tecnologia “il mio pane quotidiano” e di riuscire a farlo proprio a Trieste, in un momento in cui l’informatica veniva considerata semplicemente un supporto per le attività delle imprese.

I primi mattoni: l’ecosistema e Microsoft

Il primo mattone, nella storia di Teorema è stato da una parte creare le condizioni, sviluppare un ecosistema di aziende con le quali lavorare, dall’altra “trovare delle risorse che accettassero di venire a lavorare in una piccolissima azienda di tecnologia che sviluppava software, offrir loro formazione, cercare di essere più attrattivi di Milano, che all’epoca era un grande polo di richiamo, far sì che le persone stessero bene e si divertissero”.
Il secondo mattone di questa storia si chiama Microsoft.
Perché è in Microsoft, nell’era di Umberto Paolucci e di Mauro Meanti, che Balbi si presenta per raccontare il suo sogno: “Far sì che Teorema diventasse un’estensione di Microsoft là dove la stessa Microsoft non riusciva o non poteva dare servizi. All’epoca non esistevano partner che erogavano servizi per Microsoft e da lì siamo partiti”.
Si era negli anni tra il 1995 e il 1998, ma già nel 2000 Teorema aveva aperto la propria sede su Milano.
“Erano gli anni in cui lavoravo per mettere a punto il mio modello di business, sbagliando, pagando, continuando a sbagliare. Poco alla volta ci si rende conto che il modello inizia a funzionare, i clienti diventano più grandi e le cose si mettono in moto”.

Dalla crescita lenta all’accelerazione

Sono anni di crescita lenta, anche perché di se stesso Michele Balbi dice: “Io non ero un imprenditore, imparavo giorno dopo giorno. Sentivo che il modello era giusto, noi eravamo dei sarti in un atelier e realizzavamo vestiti su misura per i nostri clienti, che ci riconoscevano questa capacità. Ma sentivo anche che c’era un problema: eravamo e ci vedevamo piccoli. Anche quando da 2 persone siamo saliti a 50, poi a 100 o 150 persone, ci confrontavamo sempre con competitor molto più grandi e strutturati, da mille, diecimila persone, proprio negli anni in cui si stavano costituendo i grandi gruppi del mondo IT”.
La svolta arriva nel 2009 e Michele Balbi la racconta come una sorta di “presa di coscienza”.
“Abbiamo organizzato il nostro company meeting annuale e per la prima volta mi sono reso conto che davanti a me non c’erano semplicemente 60 persone, ma 60 famiglie che stavano puntando il loro gettone su ciò in cui io credevo: se avessi sbagliato, le avrei messe in crisi. È lì che sono diventato imprenditore. Essere imprenditore significa prendersi la responsabilità delle persone”.

Il Digital Advisor e l’incubatore di Startup

È lì che si decide che Teorema dovesse crescere, che dovesse avere degli obblighi e delle regole: “Ci siamo strutturati: sono entrate nuove persone e abbiamo dato vita a una struttura di management che prima non esisteva”.
Da lì inizia un percorso di crescita, nel quale Teorema da un lato si struttura sempre di più come Digital Advisor per la trasformazione delle imprese, dall’altro guarda anche al mondo delle startup con la costituzione, nel 2016, di TILT (Teorema Incubation Lab Trieste), un digital hub per lo sviluppo di startup nel settore IT, e che trova il suo culmine nel 2017 con l’ingresso in Elite di Borsa Italiana.
“Sono anni di grande cambiamento, nei quali ci siamo resi conto che dovevamo cambiare il livello di gioco: dovevamo diventare grandi per competere con i grandi. Siamo arrivati al 2019, che rappresenta l’anno della ristrutturazione completa, nel corso del quale ho dovuto cedere parte del controllo dell’azienda per potermi concentrare su altro e in particolare sulla ricerca di partner con cui lavorare bene insieme e con i quali crescere. Fino a che non li abbiamo trovati”.

L’importanza di trovare il giusto partner, il focus sul territorio

Nella scelta cui è approdata Teorema due sono i fattori che hanno pesato.
In primo luogo quello delle partnership strategiche, che Balbi considera “una scelta obbligata per poter crescere. Per Teorema era essenziale: più volte ci siamo trovati a dover combattere con grandi player mondiali su progetti che sentivamo nelle nostre corde che non riuscivamo a portare a casa perché la dimensionalità non c’era. Lo sentivo come un peso”.
Il secondo aspetto è quello territoriale.
Triestino doc, Michele Balbi considera Trieste una città con un enorme potenziale. “Ho sempre creduto che Trieste possa e debba dire la sua nel mondo della tecnologia, nel mondo della scienza, nel mondo della ricerca. L’obiettivo è quello di fare di Trieste un polo di riferimento, per l’Italia, ma anche per l’Europa in questi ambiti. Da sempre, in tutta la sua storia, Trieste è stata in qualche modo influenzata da culture diverse e dalla scienza. Da sempre i ricercatori sono stati visti e trattati con i guanti e portati e se oggi in Trieste si conta un ricercatore ogni 3 abitanti qualcosa vorrà dire”.
La riconoscibilità di Trieste come polo di attrazione per la ricerca è un punto fermo per Michele Balbi che parla di un ecosistema molto attivo, in grado di generare contaminazione, equiparabile, sotto certi aspetti, alla vecchia Silicon Valley.

Puntare sulla chiarezza digitale e sulla chiarezza dei processi

Rispetto alle imprese clienti, è evidente che in 25 anni di storia sono passati molti cicli tecnologici. Oggi siamo a un nuovo punto di svolta: “Noi stessi, nella nostra vita personale, in azienda, nel quotidiano siamo circondati di dispositivi e oggetti interconnessi e interoperabili. Oggi credo che la responsabilità di un player come Teorema, è far capire all’imprenditore, al manager, all’operaio che questa pervasività delle tecnologie digitali è necessaria. Per le aziende è finito il tempo di stare ferme alla finestra a guardare cosa fa il vicino e se funziona rifarlo. La velocità di realizzazione è sempre più accelerata, i competitor, qualunque sia il settore in cui si opera, sono sempre più globali. L’unico modo per riuscire a tenere il passo è puntare sulla chiarezza digitale e sulla chiarezza dei processi. Gli imprenditori devono restare concentrati sul loro core business, ma devono anche pensare a innestare nelle loro strutture nuovi processi innovativi, che consentano loro di trovare nuovi mercati, nuovi clienti, generare nuovi servizi”.

Le priorità delle imprese sono cambiate con COVID-19

Guardando al futuro, sempre dal punto di vista delle leve tecnologiche sulle quali puntare, per Michele Balbi le cose sono cambiate con l’emergenza COVID-19.

“Se questa domanda mi fosse stata fatta all’inizio dell’anno, forse avrei detto che le imprese avrebbero dovuto avere tra le loro priorità la crescita, il diventare più grandi, la collaborazione con altre imprese per diventare poli di aggregazione, unendo le forze per dar vita a grandi centri di competenza e promuovere l’open innovation”.
Oggi i paradigmi sono cambiati e smart working e collaboration hanno assunto un nuovo e più pervasivo significato.
“Ci siamo resi conto che  muoversi di continuo forse non è così essenziale, abbiamo capito che gli strumenti di collaboration sono potenti e che lo Smart Working può essere adottato in modo diffuso. Forse dobbiamo prendere in maggiore considerazione i temi della cybersecurity con questo cambio di paradigma. E da questo cambio di paradigma cambia anche l’idea dei luoghi di lavoro, maggiormente distribuiti rispetto ai grandi agglomerati degli anni scorsi. È anche vero che l’uomo tende a dimenticare, quindi non escludo che quando avremo dimenticato l’emergenza, possa tornare anche quella euforia del movimento che oggi sembra così distante”.
E poi c’è l’Intelligenza Artificiale.
“Quello che ci serve oggi è saper analizzare grandi moli di dati, per capire, anche sulla base di ciò che è successo, cosa potrebbe accadere, in logica preventiva e predittiva. Non ho visioni apocalittiche di una intelligenza artificiale destinata a sostituire l’uomo, ma sicuramente di una intelligenza artificiale di grande supporto al lavoro umano. L’Intelligenza Artificiale aiuta e aiuterà a prendere decisioni più velocemente e in modo più consapevole. Non si tratta di cancellare emozionalità ed esperienza umana, ma di aiutarle a prendere decisioni consapevoli”.

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