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Acceleratori di impresa: cosa sono e come funzionano

Gli acceleratori di impresa affiancano startup e scaleup attraverso formazione manageriale, servizi fiscali e percorsi di digitalizzazione a misura del business. Si rivolgono a società già costituite che intendono crescere e internazionalizzarsi. Ecco i principali programmi e le iniziative che mettono in campo

Pubblicato il 01 Apr 2022

Carmelo Greco

acceleratori di impresa - quotarsi in borsa

Gli acceleratori di impresa sono organizzazioni, pubbliche e private, che hanno l’obiettivo di far crescere una startup ad alto potenziale. Nell’attuale panorama, tra quelle che possiedono caratteristiche maggiormente innovative, rientrano le startup appartenenti al mondo tech. Tant’è vero che il nostro ordinamento ha introdotto, con il DL 179/2012, delle agevolazioni specifiche a favore di questa tipologia di impresa con lo scopo di supportarla durante il suo ciclo di vita. L’acceleratore, in particolare, funge da stimolo e da coach nei momenti successivi alla sua costituzione, quando l’azienda ambisce a fare un salto dimensionale, di capitalizzazione, di penetrazione in nuovi mercati. Spesso l’acceleratore di impresa viene confuso con l’incubatore. Si tratta in realtà non tanto di organismi diversi, quanto di due programmi differenti, visto che lo stesso organismo può sostenere di volta in volta o le persone che intendono dare vita a una società (incubatore) o una giovane società desiderosa di ampliarsi (acceleratore).

Che cosa sono gli acceleratori di impresa

Il Social Innovation Monitor (SIM), team di ricercatori che fa capo al Politecnico di Milano, ogni anno stila un report sull’impatto degli incubatori e acceleratori Italiani. Il suo metodo di indagine, pur tenendo conto delle differenze tra acceleratore e incubatore, propende per un utilizzo del termine incubatore come sinonimo di acceleratore. Perciò la mappatura degli incubatori/acceleratori del report 2021 comprende 229 realtà presenti in Italia senza fare distinzioni tra gli uni e gli altri. Di questi incubatori/acceleratori il 65% è di natura privata, il 22% ha una compagine sociale che include soggetti pubblici e privati, il 14% è gestito esclusivamente da amministrazioni o enti pubblici, spesso tramite la creazione di società in house. Per capire che cos’è esattamente un acceleratore, si può partire dall’omonimo servizio proposto da Cassa Depositi e Prestiti (CDP), la società controllata dal ministero dell’Economia e delle Finanze. Il servizio prevede un programma personalizzato rivolto alle imprese italiane che hanno un fatturato compreso tra i 25 e i 250 milioni di euro. Offre assistenza professionale mediante società di consulenza internazionali e primarie università italiane, nonché l’accesso a una rete di imprese di eccellenza e ad altri stakeholder con cui condividere esperienze e opportunità. Si articola concretamente in attività di consulenza strategica, nella selezione e formazione manageriale, nell’affiancamento verso la trasformazione digitale e in un’area tax & legal che include lo scouting di finanziamenti agevolati e a fondo perduto.

Differenza tra incubatore e acceleratore

L’esempio dell’acceleratore di impresa gestito da CDP è uno dei tanti possibili, ma serve a far emergere in che cosa un acceleratore si distingue da un incubatore. Mentre il primo, come si ricava dai requisiti previsti da Cassa Depositi e Prestiti, punta allo sviluppo di startup e scaleup (aziende innovative che hanno già sviluppato un prodotto e un business model, fatturano più di 10 milioni e si candidano a sbarcare sui mercati internazionali), il secondo accompagna le idee affinché fioriscano nel modo giusto, si rafforzino e si trasformino in un’organizzazione strutturata. Per questa ragione l’elemento più macroscopico che caratterizza l’uno a paragone dell’altro è il tempo di affiancamento. Nell’acceleratore la durata media si aggira attorno ai sei mesi, mentre nell’incubatore può arrivare fino ai 36. Quest’ultimo accompagna una startup che ancora deve costituirsi nella fase cosiddetta early stage. L’acceleratore, invece, può contemplare un programma seed, qualora occorra “seminare”, appunto. Fuor di metafora, un programma seed contribuisce a strutturare un modello di business per mettere in condizione l’azienda di svilupparsi e crescere. In alternativa, l’acceleratore è chiamato a favorire il second stage dell’azienda, cioè un percorso di maturità più avanzata che la renda appetibile agli occhi di potenziali investitori e ne consolidi la presenza competitiva sui mercati. Incubatore e acceleratore possono convergere però sul settore economico che per statuto hanno deciso di sostenere. Per cui ci saranno, oltre a quelli generalisti, incubatori e acceleratori focalizzati sul food, sulla meccanica, sull’energia, sul fintech e così via.

Programmi orientati ad accelerare startup

A differenza di quanto si possa ritenere, gli acceleratori di impresa non aiutano le startup o le scaleup soltanto a reperire capitali, ma è articolato in almeno 3 tipologie di supporto: manageriale, di incremento del network e di ricerca di finanziamenti. A tal fine, i programmi di accelerazione possono mettere a disposizione anche spazi fisici condivisi, sebbene questa circostanza sia più ricorrente negli incubatori, visto che coloro che li interpellano non hanno ancora una sede aziendale propria. Nei programmi degli acceleratori è molto più diffusa l’offerta di una formazione di carattere imprenditoriale e manageriale, a cui si aggiungono servizi di natura fiscale e amministrativa, consulenza sulla proprietà intellettuale e suggerimenti su come digitalizzare i processi d’impresa. La dimensione internazionale del business è un ulteriore fattore su cui puntano gli acceleratori di impresa. Cariplo Factory, ad esempio, acceleratore e incubatore nato da Fondazione Cariplo, predilige quei programmi, come Tech Italy Advocates, che possono stimolare una cultura internazionale e creare opportunità di crescita per iniziative tecnologiche sviluppate in Italia ma pronte a espandersi fuori dai confini nazionali. O ancora, un soggetto come Plug & Play guida l’innovazione su 20 settori verticali attraverso programmi in cui la tecnologia fa da driver alle startup che vogliono aprirsi a una dimensione globale. Sta crescendo, infine, la sensibilità verso quei progetti che hanno un impatto sociale e ambientale rilevante, in linea con l’attenzione sempre più diffusa al tema dei rating ESG (Environmental, Social and Governance). LifeGate Way, per esempio, è dedicato espressamente a quelle startup che si distinguono per essere “sostenibili”.

Investimenti sistematici e presenza costante

Ciò che rende l’acceleratore di impresa un alleato che può decretare il successo o il fallimento di un’azienda che vuole fare un passo importante nel suo ciclo di vita è la sua capacità di continuare a effettuare investimenti su più progetti unita a una presenza costante durante i mesi di “accelerazione”. I programmi di affiancamento, in sostanza, non coincidono con una mera elargizione di fondi conferiti una tantum, ma piuttosto con un investimento – economico, formativo, consulenziale – da cui l’acceleratore si aspetta un ritorno economico. Tant’è vero che solitamente non ci sono delle tariffe agevolate per i servizi offerti di cui la startup devono farsi carico, come avviene invece negli incubatori. La remunerazione è sotto forma di partecipazione societaria che può variare dal 4 al 40%, a seconda dei programmi. Ne deriva che il team incaricato accompagna la startup nell’ottica di dare continuità al suo modello di business anche nella fase successiva all’affiancamento. L’incubatore, al contrario, ha l’obiettivo di rendere stabili i primi passi di un’ipotesi imprenditoriale, evitando che l’idea che sta alla sua base fallisca durante gli step iniziali. Questo è un tratto fondamentale che rende il modello degli acceleratori più simile all’attività dei Venture Capital che non a quella degli incubatori. Con la differenza che l’ordine di grandezza dei capitali che un Venture Capital punta a raccogliere da investitori istituzionali e privati è molto più cospicuo rispetto alle risorse che un acceleratore convoglia verso una startup o una scaleup. E con l’ulteriore differenza che il Venture Capital non si occupa di tutta quella parte di formazione e coaching che è tipica invece di un acceleratore di impresa

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