Da startup a multinazionale: come è cambiata la strategia di OnePlus

La compagnia più amata dai nerd ha fatto il salto nel mondo dei grandi. Il suo ultimo smartphone costa quanto la concorrenza e arriva l’assistenza nazionale

Pubblicato il 22 Giu 2017

Paolo Longo

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Le compagnie cinesi stanno prendendo il sopravvento nel campo della telefonia mobile. Samsung e Apple sono ancora in testa per numero di dispositivi venduti a livello globale ma dietro Huawei e  Oppo scalpitano. Nel giro di un paio di anni saranno i brand orientali a guadagnarsi la fetta più ampia del mercato. Lo dicono le statistiche non novelli profeti in cerca di qualche minuto di gloria. Emblema dell’ascesa del dragone rosso in mezzo alla giungla delle multinazionali storiche è OnePlus, startup amatissima dal pubblico dei nerd più giovani, che ne seguono le vicende sin da OnePlus One.

Lo smartphone rilasciato nel 2014 si era guadagnato il titolo di flagship killer, ovvero di migliore alternativa ai top di gamma dei concorrenti più famosi. In soli 36 mesi, OnePlus ha prodotto sei generazioni di telefonini a un ritmo davvero sorprendente. Il punto di forza? Il rapporto qualità-prezzo senza eguali, a fronte di una dotazione hardware all’avanguardia e dell’attenzione alle risorse economiche dei clienti. Alla base un sistema operativo personalizzato dalla community di Cyanogen, passata poi nelle mani di Oxygen, open source ma più strutturata secondo logiche aziendali.

L’idea di vendere le prime due famiglie di smartphone (One e 2) solo tramite un metodo di inviti online aveva reso ancora più interessante il progetto, una sorta di icona da avere contrapposta al lusso dell’iPhone: proletariato e borghese, operai e capitalisti, Rolling Stones e Beatles. Poi le cose sono cambiate.

A Shenzen avevano capito che il gioco si era trasformato in un vero business, tale da necessitare di una programmazione più attenta sul lungo periodo. Primo passo: eliminare il sistema di inviti e aprire l’acquisto a tutti. OnePlus 3 ha dato il via alla vendita libera, seguita dal lancio di uno store ufficiale pieno di gadget e l’apertura dei primi centri di assistenza in patria. Le varianti 3T e X hanno rappresentato solo un ulteriore passo di avvicinamento verso strategie decisamente mainstream, scaturite nell’arrivo di OnePlus 5.

Il secondo passo? Aumentare il prezzo. Se i primi esemplari viaggiavano intorno ai 350-399 euro, il più recente smartphone tocca punte di 499 e 559 euro, a seconda della versione scelta tra 6GB di RAM e 64GB di ROM e 8GB di RAM e 128GB di ROM.

Certo, non è tutto negativo visto che l’onere di farsi conosce in tal modo ha anche portato all’avvio di un servizio di assistenza allargato ai paesi principali, Italia compresa. OnePlus è chiaramente entrata in una fase matura della propria storia, in cui lo spazio finora riservato agli utenti si è ridotto per lasciar posto a obiettivi di business più spinti. Il prezzo odierno è molto vicino a quello dei competitor, portatori di un nome e una storia che varrà ancora qualcosa in fase di scelta finale. Questo vuol dire che non c’è speranza per una compagnia nuova come OnePlus? No, anzi, i margini per migliorarsi e rubare clienti ai rivali sono ampi, però bisogna tornare a pensare da piccola, per differenziarsi dalla massa.

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