Analisi

Osservatorio Agenda Digitale: a che punto siamo con il PNRR

Presentati i risultati della nuova edizione dell’Osservatorio Agenda Digitale per Politecnico di Milano. Il punto sull’attuazione di quanto previsto dal PNRR. Le criticità da risolvere, i risultati raggiunti

Pubblicato il 01 Feb 2023

firma digitale remota

Finora tutto bene.
Anzi.
Abbastanza bene.
Secondo l’analisi dell’Osservatorio Agenda Digitale, presentata dalla School of Management del Politecnico di Milano, la grande disponibilità di fondi messi a disposizione con il PNRR e il Next Generation EU è stata fino ad ora ben gestita, tanto che il nostro Paese ha già completato il 17% dei traguardi e degli obiettivi dedicati, ben al di sopra degli altri Paesi dell’Unione, quindici dei quali ancora fermi al palo.
Naturalmente si tratta di un numero che va letto nel contesto in cui si muove l’Italia: il miglioramento registrato nella classifica DESI (Digital Economy and Society Index) è comunque relativo.
Abbiamo guadagnato due posizioni nel ranking, ma siamo comunque al  18esimo posto sui 27 Stati membri, con importanti gap rispetto ad altri Paesi, in particolare sulle competenze digitali e i servizi pubblici digitali.
Non è dunque un caso che il primo invito che emerge dall’Osservatorio è di nuovo quello all’accelerazione nella realizzazione di quel modello di “Government as a Platform” di sviluppo ed erogazione di servizi pubblici digitali, in cui la PA diventa una piattaforma di innovazione, con focus specifici sulla disponibilità di dataset e componenti condivisi, sviluppo di piattaforme per accentrare l’offerta di servizi pubblici, adozione di modelli di interoperabilità applicativa basati su API e standard aperti, implementazione di soluzioni cloud per garantire scalabilità, controllo della sicurezza ed efficienza.
I fondi a disposizione sono tanti (il Piano italiano dedica al digitale un’intera missione da 40 miliardi di euro, a cui si sommano le iniziative di digitalizzazione presenti nelle altre sei missioni, per un totale di 48 miliardi), ma tanti sono anche gli obiettivi e i traguardi da raggiungere: per il 2023 si parla infatti di 13 milestone e 27 target.

PNRR: accelerare sul procurement, sulle gare e sulla governance

Tra questi, un impegno molto significativo nell’ambito del procurement, con la completa digitalizzazione di tutto il ciclo di vita dei contratti pubblici, e sui tempi di aggiudicazione delle gare pubbliche, realizzazione e pagamenti.
In particolare, dal 1° aprile 2023 entrerà in vigore il nuovo Codice degli Appalti Pubblici, che prevede l’adozione di piattaforme digitali interoperabili e qualificate.
Non solo.
Oggi la Pubblica Amministrazione di fatto acquista da aziende private tutte le sue soluzioni digitali. Una spesa importante, che nel 2021 ha toccato un valore di 5,7 miliardi di euro nel 2021. L’analisi sottolinea come il 67% della spesa pubblica in servizi digitali sia concentrato nelle mani dei primi 50 fornitori e il 31% nelle mani dei primi 5 e come siano in media necessari 4 mesi e mezzo per assegnare una gara pubblica per soluzioni digital.
Fondamentale, sottolinea Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatoio, è rendere più efficienti i processi di procurement, ripensando i meccanismi di progettazione e risposta delle gare pubbliche “troppo spesso disegnate con la preoccupazione di prevenire ricorsi e contenziosi”.

Ma c’è un altro aspetto sul quale l’Osservatorio accende l’attenzione.
Proprio le PA locali, come Regioni, Province, Comuni, Città metropolitane, ASL e aziende ospedaliere, sono chiamate a gestire i 66 miliardi di euro del PNRR, così come molte delle risorse complementari verranno amministrate direttamente da Regioni e Province Autonome. È necessario affiancare e supportare gli enti locali nell’implementazione dei loro interventi.
Serve un lavoro importante di governance, come sottolinea Michele Benedetti, Direttore dell’Osservatorio Agenda Digitale, per semplificare e razionalizzare le interazioni tra titolari e utilizzatori dei fondi, cercando di portare a sistema buone pratiche nell’implementazione e favorendo le aggregazioni tra enti locali. Senza un impegno in questa direzione, il rischio è quello di aumentare il divario di digitalizzazione esistente tra i diversi territori.

Oltre al DESI, i Digital Maturity Indexes dell’Osservatorio

Probabilmente, il solo DESI non basta.
Per questo, il lavoro dell’Osservatorio ha come pilastro i Digital Maturity Indexes (DMI): 109 indicatori che analizzano il livello di digitalizzazione con maggiore granularità.
Così, confermando come la cautela sia d’obbligo, il nostro Paese mostra buone performance in termini di connettività e integrazione delle tecnologie digitali, in relazione a copertura 5G, diffusione del cloud, fatturazione elettronica, migliora in relazione all’utilizzo di internet da parte dei cittadini, ma è sostanzialmente fermo per quanto riguarda la digitalizzazione dei servizi pubblici.
Forti sono anche i divari regionali, tra regioni del Mezzogiorno e del Centro – Nord, sulle dimensioni che attengono al capitale umano e ai servizi pubblici digitali: “solo riducendo le disuguaglianze interne l’Italia riuscirà a colmare il gap con gli altri Paesi”, si legge nel rapporto dell’Osservatorio.
Per altro, anche i territori più avanzati non possono essere considerati dei digital champion rispetto allo scenario europeo.

Anagrafe, Fascicolo Sanitario, PagoPA, SPID, CIE, Cloud: a che punto siamo

Sul fronte del Government as a Platform, l’Osservatorio sottolinea come l’ANPR (Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente) registri ormai il subentro di tutti i Comuni italiani. A quattro anni dalla sua istituzione, invece, il Fascicolo Sanitario Elettronico non è ancora completamente operativo e interoperabile in tutte le regioni, anche se conta ormai 417 milioni di referti digitalizzati.
È un’eccellenza a livello europeo, questa la buona notizia, il portale dati.gov.it, popolato da 60.000 open data.
A livello di piattaforme, il consuntivo di fine anno vede 19.000 PA aderenti a pagoPA, che vede coinvolti oltre 400 prestatori di servizi di pagamento. Sono state effettuate circa 650 milioni di transazioni, per un valore di oltre 126 miliardi di euro.
Lo scorso anno sono stati registrati più di un miliardo di accessi a SPID, cui ha aderito un maggiorenne su due, mentre, per quanto riguarda la CIE, è stata utilizzata circa 21 milioni di volte per accedere ai servizi digitali.
Infine, sulla APP io, ora sui dispositivi di 32 milioni di cittadini, conta più di 12.000 Pubbliche Amministrazioni presenti, per un totale di 170.000 servizi, mentre è stato realizzato il POC della Piattaforma Notifiche Digitali, per  l’invio di notifiche con valore legale.
Alla fine dello scorso anno è attiva la Piattaforma Digitale Nazionale Dati (PDND), che abiliterà lo scambio automatico di dati tra PA e favorirà l’interoperabilità dei sistemi informativi e delle basi dati pubbliche.
Interoperabilità anche al centro del Progetto Mobility as a Service for Italy (MaaS), cui sono destinati 57 milioni di euro del PNRR, destinata all’integrazione e all’interoperabilità di servizi di trasporto pubblico e privato.
In alto mare, va detto, il percorso di razionalizzazione e di dismissione degli oltre 11.000 datacenter attualmente presenti nelle PA del Paese. È vero che costruito il Polo Strategico Nazionale (PSN) che ospiterà i dati e i servizi critici e strategici delle PA italiane si deve passare alla migrazione di dati e servizi pubblici, ma in questo caso il processo è ancora agli albori.

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