Cybercrime

Dietro la fine degli attacchi a Sony e Microsoft ci sono i regali di Kim Dotcom?

Il numero uno di Megaupload si auto attribuisce la tregua con gli hacker. Ma secondo l’Fbi dietro c’è la Corea del Nord

Pubblicato il 30 Dic 2014

Gianluigi Torchiani

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La vicenda che ha più tenuto banco nel mondo della tecnologia in queste vacanze natalizie è stato senza dubbio l’attacco hacker che tra il 25 e il 26 dicembre ha bloccato i servizi di gaming on line di Microsoft e Sony. Un attacco molto potente che, tra l’altro, ha permesso la diffusione in rete dei dati sensibili di 13.000 clienti di Psn e XBox di Microsfot. Si tratta di password, indirizzi mail e, soprattutto, estremi di carte di credito. Insomma, uno scenario molto pericoloso, anche se in questo storia c’è una nota di colore: l’attacco sarebbe stato fermato grazie all’intervento di Kim Schmitz, meglio conosciuto come Kim Dotcom, il ‘boss’ di Megaupload. Secondo quanto si può leggere persino su Twitter, Dotcom sarebbe stato “infastidito” dal fatto di non poter giocare al suo gioco preferito, ‘Destiny’, che funziona solamente on line e così si è rivolto direttamente agli hacker di Lizard Squad – il gruppo che a inizio dicembre aveva minacciato l’operazione – offrendo loro una serie di voucher su Megaupload a patto di fermare gli attacchi. Il valore che è stato stimato è di 99 dollari per voucher, che danno la possibilità di abbonamenti annuali per 500 GB.

Ora, vero è che l’attacco dopo questa “trattativa” si è effettivamente fermato e i servizi di gaming delle due multinazionali sono lentamente tornati alla normalità. Però la storia sembra fare acqua da tutte le parti. Già il fatto che gli hacker abbiano un account Twitter ufficiale lascia più che perplessi. Non solo: dopo il presunto accordo con Kim Dotcom, si è stabilita un’amorosa corrispondenza di sensi tra Lizard e Kim Dotcom, con tanto di reciproci retweet. Inoltre, cosa che è più importante, è che l’Fbi è convinto che dietro gli attacchi ci sia la Nord Corea, che non si sarebbe certo fatta imbonire da alcuni voucher. Quel che è certo è che l’intera vicenda dimostra, ancora una volta, la capacità degli hacker di penetrare anche le misure di sicurezza implementate da aziende del calibro di Sony e Microsoft. Azioni eclatanti che, senza dubbio, spingeranno ulteriormente verso l’alto le spese del mondo business per la protezione informatica, già in aumento anche nel corso del 2014.

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