Innovazione

Coltivazioni fuori-suolo: la tecnologia in aiuto all’ambiente

La startup Robonica ha messo a punto una struttura altamente tecnologica che rende possibile la coltivazione di ortaggi nelle abitazioni private, riducendo l’impatto ambientale

Pubblicato il 31 Mar 2015

Gianluigi Torchiani

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Sara Porro, Food writer, collaboratrice di Dissapore.it e tra gli scrittori di “Giuseppino” la biografia di Joe Bastianich.

Tra 50 anni il nostro pianeta è destinato a ospitare, secondo le proiezioni attuali, 9,2 miliardi di persone. La pressione sulle risorse, già forte, non farà che crescere; e a scarseggiare saranno in primo luogo l’acqua e la terra: come testimonia anche il tema scelto per l’Expo alle porte, è chiaro come la produzione di cibo in quantità sufficiente per tutti sia una delle sfide cruciali della nostra epoca. Questo contribuisce a rendere la produzione di cibo uno degli ambiti più interessanti per l’innovazione tecnologica, e non è un caso che stiano prendendo piede tecnologie in grado di aggirare proprio i limiti connessi allo spazio fisico e all’utilizzo di terra. In molti sono pronti a scommettere che il futuro appartiene alle coltivazioni fuori-suolo: quella tecnica che si chiama coltura idroponica quando la terra è sostituita da un sostrato inerte o aeroponica quando è solo – o quasi – aria (in quel caso le radici delle piante sono nebulizzate con una soluzione di acqua e nutrienti).

Se il punto a favore più ovvio di queste colture appare il risparmio di terreno, in realtà i lati positivi sono molti: il consumo di acqua è inferiore del 95% rispetto alle colture tradizionali, e non sono necessari pesticidi o fungicidi. Inoltre, è pratico: i vegetali così coltivati crescono più rapidamente – è necessario circa metà del tempo che una coltivazione in terra richiederebbe e le condizioni climatiche avverse non sono un problema. Inoltre, il sistema attuale di produzione dei vegetali ha un forte impatto ambientale anche a causa dei costi di trasporto, della necessità di refrigerare immediatamente le verdure una volta colte, e dell’alta percentuale di cibo sprecato e non consumato.

Harald Cosenza, CEO Robonica

Svantaggi? In prima battuta, uno: i costi, che rendono queste produzioni ancora una nicchia. Ne abbiamo parlato con Harald Cosenza, CEO della startup italiana Robonica, un nome che è un tributo alla doppia matrice, la robotica e la coltivazione idroponica. Anche la società non è ancora sbarcata sul mercato, ha già ottenuto grande attenzione da parte degli addetti ai lavori, vincendo importanti premi nelle competizioni riservate alle startup (l’ultimo in ordine di tempo è il FoodTech contest promosso da Intesa San Paolo a ReInvent Food). Robonica intende mettere in vendita al consumatore privato una struttura chiamata GreenHive: un esagono modulare, la cui forma ricorda la celletta di un alveare, nel quale crescere ogni tipo di verdura – tra quelle di dimensioni compatibili, s’intende: dalla lattuga ai pomodori, dai peperoni agli spinaci. Le celle, connesse in cloud con tecnologia M2M, consentono di impostare tutti i parametri per la coltivazione: lo spettro di luce specifico delle lampade a LED è regolato così come la fornitura di ossigeno e di anidride carbonica, ottimizzata insieme a temperatura, PH, umidità relativa, per creare l’ambiente perfetto in cui i vegetali possano crescere.

Chi è l’utente medio che immaginate per i GreenHive?

Vive in una città ad alta densità, ha il wi-fi in casa, è contemporaneamente un amante del pollice verde e della tecnologia. Apprezza la possibilità di intervenire per creare esattamente le caratteristiche che cerca: modificando i parametri, si possono modificare i valori nutrizionali, una funzione che potrebbe piacere, solo per fare un esempio, a una donna incinta o una persona anziana. Ma le variabile sono infinite anche sotto il profilo del gusto: modificando i parametri è possibile avere un gusto più dolce o più deciso dei vegetali, una foglia più croccante o più cedevole… Quali sono i vantaggi principali per il cliente? I vantaggi principali non sono i costi – la verdura proveniente da un GreenHive non sarà mai competitiva quanto l’insalata acquistata nella grande distribuzione. Si ha, invece, un prodotto del tutto sicuro, biologico, coltivato senza utilizzo di antiparassitari o OGM, perfettamente fresco, e adattato al gusto personale.

Come funziona il GreenHive dal punto di vista strettamente tecnologico? Le celle sono connesse in cloud per ottenere aggiornamenti e per condividere i profili, oltre a comunicare – con tecnologia M2M – i dati del GreeHive così da consentire una diagnostica da remoto che rende la struttura completamente automatica. Tutti i parametri di coltivazione vengono gestiti dal GreenHive che dialoga con la app installata sul cellulare: volendo, l’utente può fare un override della macchina per creare parametri unici.

A tuo parere, è possibile che le colture idroponiche diventino nel futuro uno dei sistemi principali di coltivazione degli ortaggi?

Non solo la popolazione mondiale continua a crescere – diventa anche sempre più urbana, in percentuale. Rischiamo di trovarci di fronte a un mondo in cui tutti vivono nelle città ma il cibo dovrebbe essere prodotto al di fuori di esse: le vertical farms nell’ambiente cittadino offrono una soluzione possibile a questo paradosso. Inoltre, le colture senza suolo consentono di risparmiare risorse e di proteggere l’ambiente: gran parte dell’acqua utilizzata nell’agricoltura tradizionale viene sprecata, e finisce nel sottosuolo insieme ai pesticidi e ai fertilizzanti, dannosi per l’ambiente e per la salute di uomini e animali, utilizzati nell’agricoltura industriale.

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