Sono passati 15 mesi da quando, nel novembre del 2019, veniva annunciata la nascita di Impresoft Group, vero e proprio gruppo Tech Made in Italy nel quale confluivano Impresoft, 4ward, Gruppo Formula, Brainware, Qualitas Informatica.
In questi 15 mesi, nonostante l’emergenza, altri tasselli sono entrati nella compagine, da NextTech a Iuscapto fino Progel, del cui ingresso nel gruppo abbiamo scritto pochi giorni fa.
Per questo motivo, abbiamo incontrato Rossano Ziveri, Presidente di Formula Impresoft, Christian Parmigiani, CEO di 4wardPro e Alberto Trigari, Chief Commercial Officer presso 4wardPro, per capire meglio i razionali alla base di tutte queste operazioni, le prospettive future, ma anche le difficoltà che gli imprenditori incontrano quando danno vita a un’esperienza simile a questa.
Indice degli argomenti
Impresoft Group: scalare serve al mercato e attira i fondi di investimento
È Rossano Ziveri che risponde alla prima inevitabile domanda: perché questa operazione?
“Credo che la risposta sia semplice in realtà: perché il mondo IT ha bisogno di consolidamento. Ha bisogno di gruppi in grado di offrire servizi a 360° in modo molto più articolato, professionale e industriale rispetto a quanto possono fare le piccole aziende tipicamente di tipo imprenditoriale che abbiamo conosciuto negli Settanta e Ottanta e poi a seguire con le successive Wave del mondo IT.
Bisogna scalare, in termini dimensionali.
Crescere attira l’attenzione anche dei fondi di investimento, come è accaduto con noi”.
Ciò che è accaduto, in questi mesi, è che intorno al core, al nucleo originario del progetto, costituito da Formula Impresoft, com’è oggi la denominazione sociale, focalizzata su tutti i temi della governance aziendale, si sono create diverse “nuvole”, ciascuna dedicata a un tema o un mercato specifico. Così con Qualitas si indirizzano i bisogni del mondo industriale, con 4wardPro, in cui sono confluite le esperienze di 4ward e Progel si parla di piattaforma abilitante (nell’accezione della corporate resiliency, come viene definita), con NextTech si indirizzano i temi della gestione del personale commerciale in mobilità…
In arrivo una nuova acquisizione, per chiudere la prima fase del progetto
E nelle prossime settimane, anticipa Ziveri, si dovrebbe per altro concludere una ulteriore acquisizione in area CRM.
“Con queste ultime operazioni possiamo considerare conclusa la prima fase del progetto, quella nella quale si dà corpo al Gruppo, mentre è in corso la fase di costituzione di un portafoglio di offerta strutturato e unificato, che non a caso abbiamo chiamato Uniqua, un framework completo di soluzioni che spaziano dagli strumenti di governance, execution e di tutte le tecnologie indispensabili al corretto funzionamento e gestione delle imprese”.
Nei processi di unificazione, attenzione alla tassonomia
Ma quanto è stato ed è complesso mettere insieme tante aziende con storie, culture, anime molto diverse tra loro? Come si crea una cultura aziendale unitaria in questo contesto?
“Effettivamente – ammette Ziveri, il processo di trasformazione propriamente detto, vale a dire il processo di unificazione di queste aziende, è stata ed è la parte più complessa di tutto il percorso”.
Ne sanno qualcosa Alberto Trigari e Christian Parmigiani, che proprio adesso stanno gestendo la fusione tra le due aziende.
“Per quanto si possa farlo sembra smooth, non è un percorso facilissimo”, conferma Parmigiani, perché i livelli di complessità sono tanti. Sono aziende con cultura, processi e modalità operative molto diverse e per quanto si sia fatta molta strada, non è stato senza fatica e senza anche qualche attrito, confermano i tre manager.
Alberto Trigari va dritto al punto: “Abbiamo dovuto lavorare sulle tassonomie… Ogni azienda aveva un proprio modo di chiamare le cose. Per poter lavorare insieme abbiamo dovuto iniziare dalle basi, da cosa ciascuno di noi intende ad esempio per Small Business, o per Managed Services, perché ognuno di noi veniva dalla propria esperienza. Posso dire che oggi ci capiamo molto meglio, abbiamo uniformato una serie di processi, a partire dallo scambio di servizi infragruppo, abbiamo creato delle regole”.
In questa fase, spiegano i tre manager, deve decollare tutta la parte di Intranet, per fare in modo che le informazioni vengano condivise più velocemente all’interno dell’azienda tra i vari dipendenti.
Impresoft Group: un modello federativo che garantisce autonomia
Secondo Christian Parmigiani, fondamentale è stata anche la scelta strategica di creare un modello federativo: ogni area di competenza gode di autonomia manageriale, si muove come entity autonoma, mentre è compito dei gruppi di coordinamento cercare di armonizzare le strategie.
“È un modello che permette di fare massa critica quando serve, ad esempio per presentarsi sul mercato con i numeri del gruppo e un buon footprint di servizi erogabili al cliente, e contestualmente non perdere l’agilità che le singole società, strutturalmente e organizzativamente un po’ più piccole e snelle, riescono a portare sul mercato”.
Perché fare massa critica
Il tema della massa critica è comunque centrale e resta alla base del progetto imprenditoriale di Impresoft Group.
“Oggi noi siamo al cinquantasettesimo posto della classifica IDC delle top 100 del mondo del software: è un posizionamento di tutto rispetto e singolarmente nessuna delle società del gruppo poteva ambire a questa posizione”.
Per altro, aggiunge Ziveri, sta per essere formalizzato un aumento di capitale, per sostenere ulteriori investimenti nel corso di questo 2021.
L’antifragilità come obiettivo
Con l’ingresso di Progel nel gruppo, e con la nascita conseguente di 4ward Pro si parla di Corporate Resiliency. Una definizione che di per sé è comunque un programma.
“La crisi pandemica – spiega Parmigiani – ha semplicemente amplificato un processo che il mercato stava già subendo. In una fase Vuca (volatility, uncertainty, complexity, ambiguity), vengono messi in discussione i processi consolidati monolitici, che non sono in grado di adattarsi, evolversi e cambiare velocemente. Parliamo di processi, ma sottintesi sono le aziende e soprattutto le persone per il cambiamento. Nel momento in cui un’azienda è in grado di riadattare velocemente i propri processi, il proprio modo di lavorare o di approcciare il mercato allora riesce a gestire i momenti di difficoltà. È un tema legato non solo alla tecnologia, ma anche al cambiamento delle persone quindi al Change Management”.
È una visione un po’ al di fuori dagli schemi, rispetto a al classico lavoro di un System integrator, ma che riporta al tema dell’antifragilità su cui molti analisti, Gartner in primis, in questi mesi hanno molto insistito.
Progel: un ingresso per dare continuità a un progetto nato 30 anni fa
Il tema del Change Management è probabilmente il primo su cui ha dovuto riflettere Alberto Trigari.
“Il mio punto di vista è quello di una manager che ha fondato una società quasi 33 anni fa e ha deciso, per una serie di motivi, di impegnarsi direttamente e profondamente nella creazione di un nuovo soggetto nel contesto di Impresoft Group. Devo dire che in passato ci era stata proposta più volte l’opportunità di cambiare, di fare un salto evolutivo in diverse forme, anche in autonomia, cercando altri partner. Con Impresoft Group ho pensato che probabilmente il modo migliore per garantire un brillante futuro alla mia società era quello di unirsi al gruppo ed essere di nuovo imprenditore in un concetto un po’ più allargato. Per me era importante pensare alla continuità di quello che avevo creato”.
Imparare dagli errori
Né Ziveri, né Parmigiani né Trigari hanno paura degli errori.
Per questo alla domanda se ci sia un errore nella storia di Impresoft Group che oggi non rifarebbero, non solo ironizzano su “Uno solo?”, ma si dichiarano convinti, Parmigiani in primis, della necessità del “Fail Fast, Learn Fast”.
“Nessuno di noi era preparato per un progetto di questo tipo – spiega Ziveri -, per cui molte cose le abbiamo tutti imparate sul campo. Ma questo è anche il bello ed è uno dei motivi stimolanti che ci hanno portato a dar vita questo progetto. Forse, guardando in retrospettiva, si potrebbe pensare che avendo avuto più tempo per discutere tanti dettagli con le singole aziende prima che entrassero a far parte del progetto si sarebbe potuto semplificare poi il processo di integrazione, ma la realtà vera è che i problemi vanno affrontati quando si verificano. Bisogna essere rapidi nel capire quali sono gli errori che si stanno commettendo, essere sufficientemente onesti con se stessi da riconoscerli e avere la capacità di tornare indietro”.
L’indicatore del successo non è una sommatoria, ma un moltiplicatore
Quanto agli obiettivi concreti di questa progettualità, Ziveri si dice sicuro del fatto che il risultato sia superiore rispetto alla somma delle singole aziende che sono entrate nel gruppo.
“Vediamo le opportunità nel portare a fattor comune le tante tecnologie e le tante soluzioni che abbiamo e nel poterle portare su numero di clienti maggiore rispetto a quello che ciascuna azienda poteva individualmente fare in precedenza”.
La contropartita, va da sé, è la necessitò di una revisione dei processi, inclusa la revisione della struttura commerciale.
“Non vi sono sottrazioni di valore. Se prima avevamo 350 clienti oggi possiamo indirizzarne 3.000. Se prima avevamo 60-70 persone, oggi ne contiamo 500 nel gruppo. E soprattutto, non c’è nulla di casuale nella scelta delle società da inserire nel gruppo. Quindici mesi dopo, non solo il percepito, ma anche i dati confermano un indicatore che non è più una sommatoria, ma un moltiplicatore”.