L'INTERVISTA

Cagiano: “Nel post-Covid puntiamo a crescere all’estero”

Il CEO & Founder di Apparound: “Per il nostro sviluppo internazionale stiamo valutando operazioni come quella già fatta con Gellify. Ma c’è da avere pazienza e cogliere l’opportunità quando i mercati saranno di nuovo pronti dopo l’emergenza”

Pubblicato il 26 Nov 2020

Cagiano-Gianluca-Apparound

“L’idea alla base di Apparound nasce nel 2008, in un periodo in cui viaggiavo spesso negli Stati Uniti ed ero incuriosito dal mondo della Silicon Valley: proprio in quel periodo sono entrato per la prima volta in un Apple Store e mi sono trovato in mano il primo iPhone. Ho capito che dietro quell’oggetto ultra-innovativo c’era un mondo che sarebbe esploso nell’arco di pochi anni, abilitando il lavoro in mobilità e le soluzioni mobile. Così ho avuto l’idea di dare vita a una nuova startup, passando dalla creazione di applicazioni per il mondo web alla creazione di applicazioni per gli smartphone. Nasce così Apparound (il nome originario era Application Around), e l’ambizione era di colmare quello che in quel momento era ancora un vuoto: le applicazioni business per la gestione dei dati in mobilità. In particolare, al centro della tecnologia c’era un motore di sincronizzazione che consentisse di muovere dati da qualsiasi sorgente verso i dispositivi mobili”.

Così Gianluca Cagiano, Ceo & Founder di Apparound, ripercorre in un’intervista a TechCompany360 le fasi di studio che hanno portato alla nascita dell’azienda specializzata nelle soluzioni per la digitalizzazione delle vendite, che ha saputo ritagliarsi negli anni una posizione di primo piano nel settore, fino a conquistare la fiducia di clienti importanti del calibro di Vodafone, Sorgenia, Cribis  e ad entrare nel “Magic Quadrant” di Gartner per i Configure Price & Quote (CPQ) Application Suites.

Gianluca, quali sono stati i primi passi di Apparound?

L’idea originaria era quella di partire con l’attività cercando investitori negli Usa, ma proprio in quel periodo è esplosa la nota crisi finanziaria mondiale e quindi, proprio quando ero pronto per trasferirmi ho capito che non era il momento giusto, ho bloccato tutto e sono ripartito dall’Italia. Abbiamo dedicato due anni di studio alle attività di ricerca e sviluppo per creare la tecnologia base da portare sul mercato. Una soluzione multipiattaforma, per il mobile, abilitante a poter lavorare anche offline, e che rendesse i clienti autonomi nella gestione delle applicazioni. Poi nel 2009 siamo entrati in contatto con Tim e Vodafone, ed entrambi ci hanno stimolato a far evolvere la tecnologia: con loro abbiamo fatto dei proof of concept per verticalizzare una tecnologia che era troppo “general purpose”.

Come avete “specializzato” la vostra idea di business?

Da questa esperienza è scaturito uno use case realizzato con Vodafone Italia, che ci ha fatto fare test sulle loro esigenze. In particolare, abbiamo lavorato sul prendere i loro contenuti, listini, prezzi, brochure, video, e distribuirli sulle piattaforme mobili, per iniziare a digitalizzare il processo di distribuzione per la promozione e la vendita di prodotti e servizi. In pratica un sistema di distribuzione dei contenuti sales and marketing, il primo vero modulo applicativo della nostra tecnologia, che aiutasse il marketing a caricare i contenuti e distribuirli sulla rete vendita. A seguire, alla fine del 2010, Vodafone Italia ha aperto una software selection nel canale di vendita business per dotare i venditori di una soluzione per digitalizzare la distribuzione dei contenuti: il reparto innovation di Vodafone, con cui avevamo già collaborato, ha proposto ai colleghi di Vodafone la nostra soluzione. Eravamo in gara con dei colossi del settore, ma eravamo anche ben consapevoli di avere il prodotto giusto al momento giusto, che costava infinitamente meno rispetto a quanto proposto dai concorrenti. Questo, sommato alla fortuna di trovare un manager che ha buttato il cuore oltre l’ostacolo ci ha permesso di diventare fornitore di Vodafone Italia il 16 marzo del 2011, giorno del mio compleanno.

Che conclusioni trae oggi da questo inizio “avventuroso”?

Eravamo in otto, con poca esperienza delle dinamiche che si verificano all’interno delle grandi aziende. A vederla oggi, con 12 anni di esperienza in più alle spalle, sono ancora stupito che sia andato tutto bene, siamo andati avanti a testa bassa, nonostante i livelli di professionalità e di struttura che avevamo di fronte. Ma non è stata solo fortuna la nostra, l’intuito ci ha guidati nella direzione giusta e superando caparbiamente tutti gli ostacoli, abbiamo messo in campo una serie di “mosse”, una dietro l’altra che ci hanno aiutato a crescere senza mai bruciarci.Abbiamo imparato grazie a questa esperienza a lavorare con le grandi realtà, e Vodafone ci ha supportato dall’inizio, grazie a persone che hanno creduto nel progetto che stavamo realizzando insieme. A dimostrarlo c’è il fatto che nel 2012 Vittorio Colao ha premiato il team di Vodafone che ha introdotto la nostra tecnologia in azienda per aver rivoluzionato il modo di lavorare nel mondo business un grande motivo di orgoglio per noi che indirettamente abbiamo ricevuto lo stesso riconoscimento.

I tempi sono così diventati maturi per procedere “da soli”…

Abbiamo continuato poi a sviluppare il nostro prodotto e nel 2012 abbiamo introdotto il configuratore di offerta, il primo Cpq nativo per piattaforme mobile che poteva funzionare anche in assenza di connessione di rete, che è servito per iniziare a prefigurare calcoli complessi per i clienti, e per fare i preventivi in modo semplice. Da quel momento abbiamo iniziato ad acquisire nuovi clienti, fino al 2016, quando abbiamo capito che per diventare un’azienda di prodotto sarebbe stato necessario strutturarci meglio. I nuovi investimenti effettuati al tempo ci hanno consentito, grazie all’introduzione di nuove tecnologie e nuovi modelli di lavoro, di industrializzare i processi produttivi nel giro di poco più di un anno. A quel punto siamo riusciti a proporre una soluzione pronta per essere posizionata sul mercato e scalabile.

È questo il momento in cui avete sentito con più urgenza la necessità di crescere?

Sì, e a febbraio 2018 siamo entrati in contatto con Gellify: a giugno 2018 abbiamo fatto il closing per essere aiutati a crescere dal punto di vista commerciale e migliorare i nostri processi produttivi ed organizzativi. Proprio quell’anno siamo entrati per la prima volta nel Magic Quadrant di Gartner per il Cpq Application Suites, e siamo stati confermati per il terzo anno di fila una delle migliori soluzioni per aumentare il customer engagement e la produttività dei venditori. E anche quest’anno, nonostante l’emergenza pandemia abbia toccato anche noi, chiuderemo in crescita.

Quali sono state le difficoltà più grandi che avete affrontato nel vostro percorso di crescita?

Oggi siamo in più di 80 persone, alla fondazione come le dicevo eravamo in 8. Il passaggio alla nuova dimensione è stato difficile: finché sei in 20, 30 persone è tutto semplice. Le persone sono coese, lavorano in spazi dove condividono molto. Ma quando l’azienda inizia a crescere attorno alle 45-50 persone, sei necessariamente costretto a darti una struttura, e questo porta a non avere più gli stessi rapporti diretti con le persone. Gestire questi rapporti e quindi l’aspetto organizzativo può essere un fattore critico. Così abbiamo introdotto la funzione del responsabile delle risorse umane. Poi abbiamo deciso di raccogliere una sfida importante: abbiamo voluto “aprirci” alle collaborazioni con altre aziende, per realizzare insieme soluzioni complesse con i migliori esperti: dal mio punto di vista è un approccio particolarmente importanti quando si gestiscono progetti per grandi gruppi o addirittura multinazionali, in cui non contano più le chiusure o le gelosie, ma si deve lavorare insieme per dare il meglio. Infine, credo che un imprenditore debba essere sempre attento e pronto al cambiamento, perché con il passare del tempo mutano continuamente gli scenari e bisogna adattarsi. Lavorare con le persone giuste è importante, come lo è capire quando dover cambiare l’organizzazione di un reparto o della struttura aziendale. La staticità fa male alle aziende, l’importante è avere visione, senza paura di cambiare le cose.

Su cosa state lavorando in termini di ricerca e sviluppo?

Di recente abbiamo scelto di migrare i nostri sistemi verso la soluzione cloud di Microsoft. Teniamo molto ai nostri clienti e vogliamo offrire un servizio sempre migliore e vicino alle loro esigenze di business. Da qui la nostra scelta di atterrare su Azure, ideale per sicurezza, scalabilità e flessibilità. Inoltre, abbiamo lanciato sul mercato un nuovo modulo applicativo che può essere particolarmente utile durante l’emergenza causata dalla pandemia, che supporta i clienti a gestire meglio le vendite e favorisce l’interazione da remoto tra venditori e clienti. È un modello di lavoro su cui stiamo investendo molto e che abbiamo intenzione di continuare a sviluppare nell’arco del prossimo futuro. La pandemia ha cambiato il nostro stile di vita, e alcune delle nuove abitudini rimarranno anche dopo che sarà diventata un brutto ricordo: nel futuro le interazioni remote saranno sempre più frequenti e noi vogliamo favorirle e semplificarle con strumenti che aiutano a stabilire una comunicazione e un contatto più completo con il cliente, aiutando gli utenti a lavorare meglio in autonomia. Puntiamo inoltre sull’intelligenza artificiale, su cui stiamo investendo per mettere a punto soluzioni che possano semplificare l’utilizzo del nostro prodotto. Infine, dal momento che oggi nel nostro mercato si va sempre più verso una logica di ecosistemi in cui i clienti acquistano il meglio della tecnologia la integrano mettendola in comunicazione, stiamo lavorando intensamente su tutta la parte dei connettori verso altri sistemi.

State pianificando di sbarcare anche sui mercati esteri?

Abbiamo alcuni clienti esteri, ma soltanto nell’ultimo periodo abbiamo acquisito un livello di maturità per l’internazionalizzazione. Avevamo tutto pronto per avviare le nostre sales operation negli Stati Uniti, dove avevamo già aperto un ufficio, ma, come tutti noi sappiamo, una pandemia globale ha bloccato l’avanzare dei lavori. L’azienda tecnicamente è pronta per fare passi importanti, ma questo è evidentemente ancora un periodo in cui, viste le circostanze, è più prudente soffermarsi un altro un po’ sulle possibilità che ci offre il mercato nazionale.

Qual è oggi la vostra strategia di crescita?

Apparound ha sempre creduto nello sviluppo di un business sostenibile e fino ad oggi, abbiamo sempre compiuto passi ponderati per orientare al meglio i nostri obiettivi futuri e non trovarci impreparati. È chiaro che quando vuoi fare passi importanti come quello di aprirti ai mercati esteri o di investire su una nuova tecnologia, se si dispone di grandi capitali la strada è più semplice, perché si possono anticipare mosse che altrimenti non sarebbe possibile finanziare. Così oggi stiamo valutando di supportare la nostra espansione all’estero con un’altra operazione di investimento come quella già fatta con Gellify: prima o poi succederà perché abbiamo diverse manifestazioni di interesse da fondi di investimento, e abbiamo una buona visibilità. Non abbiamo fretta, anche perché qui in Italia c’è ancora molto da fare, ma valuteremo con attenzione operazioni a supporto della nostra crescita.

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