Professioni

Lavoro, 900mila posti ICT vacanti in Europa entro il 2015

Il mercato richiede adeguate competenze digitali e informatiche che mancano però all’appello. Sviluppatori software, analisti, esperti di sicurezza e di accessibilità fra i professionisti più richiesti. L’analisi del think tank Glocus

Pubblicato il 09 Lug 2013

Redazione TechCompany360

shopping-persone-121119145030

“Le previsioni sui livelli occupazionali per i prossimi dieci anni, in Europa, stimano che la domanda si concentrerà primariamente sui cosiddetti “lavori bianchi” (istruzione, formazione, servizi sanitari, servizi sociali), su quelli “verdi” (settore energetico per le energie rinnovabili, ambiente) e “digitali”, ma le previsioni indicano che anche i lavori “tradizionali” saranno profondamente modificati dalla rivoluzione digitale”.

Glocus, il think tank guidato da Linda Lanzillotta, parlamentare di Scelta civica e vicepresidente del Senato, scruta nel futuro del mondo del lavoro con il rapporto “Professioni e formazione nel 21° secolo” nel quale afferma che in Europa entro il 2015 mancheranno circa novecentomila posti di lavoro legati al mondo ICT.


Mancano all’appello sviluppatori, analisti, esperti di accessibilità
In particolare mancheranno all’appello progettisti di sistemi informatici, consulenti software, analisti e sviluppatori, esperti di usabilità e accessibilità, ingegneri esperti nella tecnologie a basso impatto ambientale, esperti di sicurezza.

Un problema che riguarda tutto il Vecchio continente e in particolare l’Italia dove è stata registrato un calo dell’occupazione relativa a posizioni di lavoro con competenze definite come “high skills”, a fronte di un aumento medio europeo del 2%.

A ciò si accompagna un aumento della domanda per professioni a qualifica più bassa (3% “low skills”, cui si somma un minimo calo anche per le professioni a qualifica “medium”); nel 2012 in Italia, infatti, solo il 4% delle imprese ha assunto o cercato di reclutare specialisti ICT, uno dei valori più bassi della UE-27+, insieme con Romania e Portogallo, valore pari alla metà della media UE (8%).


Quel difficile incrocio fra domanda e offerta
Dai dati di Unioncamere emerge che, se da un lato molti giovani incontrano difficoltà a trovare lavoro, anche le aziende faticano a trovare personale adeguatamente qualificato a ricoprire la posizione ricercata.

Da questa analisi risulta che i motivi connessi alla incongruità della formazione e della preparazione professionale dei candidati costituisce il 38% delle mancate assunzioni “Di questa percentuale, il 5% è specificamente ricondotto alla mancanza di strutture in grado di formare per le nuove professioni”.


In Gran Bretagna c’è il “Cyber Jedi”
In Gran Bretagna hanno pensato di affrontare il problema anche con il lancio del progetto “Cyber Jedi”, che nella sua versione pilota inizierà a settembre di quest’anno.

Per accedere alla sperimentazione è stato bandito un concorso nazionale volto a individuare fra gli studenti di scuola secondaria (15-18 anni) quelli più brillanti nelle discipline informatiche, in modo da offrire loro una formazione specifica.

Gli obiettivi sono di offrire una didattica “digital” che vada oltre la digitalizzazione dei programmi standard e rappresenti un vero cambio di paradigma, oltre a fornire agli studenti i più recenti strumenti per un possibile inserimento lavorativo in settori centrati sulla tecnologia e i suoi ambiti d’utilizzo.
Per l’università un modello didattico alternativo arriva dai “Massive Open Online Courses” americani con lezioni e corsi online aperti, liberi e accessibili a tutti.


La ricetta di Glocus per l’Italia
E in Italia? La ricetta di Glocus prevede una semplificazione della normativa in materia di lavoro, introduzione della flexsecurity con forme di flessibilità in termini di costi per l’impresa, provvedimenti per il mondo della formazione, introduzione di tirocini nella scuola secondaria, potenziamento dell’insegnamento delle lingue straniere e riorganizzazione dei corsi di laurea con il riallineamento alla media degli altri Paesi europei della percentuale di PIL investito in istruzione.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Articoli correlati