Il GDPR non è ancora entrato nella sua piena fase operativa, dunque sostanzialmente non è ancora stato applicato, ma è già diventato un modello a livello mondiale per la protezione della privacy. Il merito, se così si può dire, è dello scandalo Cambridge Analytica che ha svelato quanto uno dei giganti simbolo del mondo ICT, Facebook, abbia a che fare con delle pesanti lacune nella gestione dei dati dei propri utenti. Ma andiamo con ordine: come noto, a poche settimane dall’esplosione del caso, il ceo e fondatore del social network, Mark Zuckerberg, si è dovuto presentare al Congresso americano per fare mea culpa e spiegare come Facebook intenda migliorare la propria gestione della privacy. Inevitabilmente, si è finiti a parlare della normativa europea in materia: vero è che il GDPR è ancora considerato in maniera negativa da buona parte del mondo politico e imprenditoriale americano, che teme gli effetti di una eccessiva regulation sul business aziendale. Ma proprio il caso Cambridge Analytica ha spinto i gruppi che si occupano in America della privacy a chiedere a gran voce l’adozione del regolamento europeo come standard di riferimento. E aperture in tal senso sono arrivate anche da aziende come Apple, preoccupate di differenziarsi da Facebook su questo delicato aspetto, come ha dichiarato Tim Cook nei giorni scorsi.
Una posizione non univoca
Meno netta è invece la posizione stessa di Zuckerberg sul tema, che una recente intervista con l’agenzia di stampa Reuters aveva detto di essere d’accordo con “lo spirito” del nuovo Regolamento europeo sulla privacy, ma aveva anche precisato che le regole dell’Ue non sarebbero valse per il social network su scala globale. Alquanto diverse sono invece state le parole di Mr Facebook nel corso della sua audizione parlamentare: alla precisa domanda del deputato Democratico, Gene Green, che ha chiesto se Facebook si sarebbe attenuto agli stessi principi richiesti dal GDPR per la protezione della privacy anche per gli utenti americani, Zuckerberg ha risposto di sì. Evidenziando come “Quello che apprezzo del Gdpr è che “consente agli utenti di essere sempre in controllo dei dati che condividono con le aziende, di cosa viene fatto con quei dati ed eventualmente di cancellarli”. Ovviamente, come ha chiarito in altri passaggi Zuckerberg, il regolamento europeo non sarà adottato nella sua totalità ma sarà rispettato da Facebook nello spirito e nelle intenzioni per tutti i 2,2 miliardi di iscritti.
Effetto domino per gli USA?
Quindi, in definitiva, occorrerà andare a vedere cosa effettivamente conterrà la futura regolamentazione della privacy del gigante dei social. Però, è evidente che passi di questo genere di aziende come Apple e Facebook potrebbero avere un effetto domino su tutte le grandi aziende d’Oltreoceano, che potrebbero trovarsi forzate ad adottare standard simili al GDPR anche negli Usa per tranquillizzare i propri utenti e fornitori. Trattandosi di adesioni volontarie mancherà lo spauracchio delle multe che, però, come si vede, non sono certo l’unica spinta a una maggiore sensibilità al tema della privacy da parte del mondo del business.