Data center

Più potenza di calcolo e versatilità, meno spazi e consumi. HP rilancia la sfida Moonshot

Una nuova versione su Intel Xeon per l’architettura intenzionata a rivedere il concetto di data center, all’insegna della massima densità e configurazioni trasversali rispetto alle applicazioni

Pubblicato il 24 Nov 2014

Redazione TechCompany360

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Iain Stephen, vp & gm servers Emea di Hp

Dal punto di vista degli utenti, evoluzioni architetturali come il cloud computing rappresentano certamente una strada ideale per ridurre la complessità della propria infrastruttura It. Una complessità che di fatto non viene eliminata in assoluto, ma più semplicemente trasferita altrove, in un data center di terzi. Nel caso di soluzione privata inoltre, per i responsabili dei sistemi la ricerca della massima flessibilità più che in una semplificazione dell’architettura da gestire si trasforma in un nuovo assetto con cui cimentarsi, compito reso più impegnativo dall’estendersi del ventaglio di applicazioni.

L’intenzione di rispondere a queste esigenze con una nuova generazione di server, meglio ancora se in linea con la crescente attenzione alle tematiche di sostenibilità, ha indotto Hp ormai un anno e mezzo fa a varare una linea di prodotti di nuova concezione. Moonshot introduceva infatti un’architettura particolarmente compatta e al tempo stesso estremamente modulare, pensata per adattarsi a ogni combinazione di applicazioni, sfruttando una serie di elementi in grado di coprire le diverse esigenze di risorse computazionali.

In pratica, un sistema nel quale aumentare la densità dei server e relativa potenza a piacere, riducendo richiesta di spazio e consumo energetico. “Nel futuro, le infrastrutture It saranno sempre più orientate al calcolo – spiega Iain Stephen, vp & gm servers Emea di Hp -. Già oggi siamo chiamati a fornire architetture convergenti per soluzioni integrate, dove il ruolo di un server diventa sempre più trasversale”.

Varata con l’ambizione di introdurre il principio software-defined applicato a un server, l’offerta Moonshot nel corso dei mesi è cresciuta e si è evoluta per rispondere meglio alle diverse esigenze in termini di carichi di lavoro. Senza paura di abbracciare per intero l’offerta di Cpu Intel, dall’Atom allo Xeon, ora l’attenzione si sposta su un nuovo ambito applicativo.

“Insieme a Citrix XenApp, abbiamo messo a punto una soluzione per la distribuzione delle applicazioni – annuncia Stephen -. L’obiettivo è prima di tutto aumentare la produttività in qualsiasi luogo e in qualunque momento, attraverso la semplificazione della distribuzione delle applicazioni aziendali al personale, indipendentemente dal dispositivo utilizzato, mantenendo i principi base di ridurre costi e complessità correlati alla gestione delle applicazioni nel data center e al numero di componenti da gestire, con meno spazio a pavimento e ridotto consumo energetico”.

Nello specifico, questa soluzione prevede un server ProLiant m710, dotato del processore personalizzato Intel Xeon E3-1284L v3 con funzioni grafiche a bordo. “La presenza della Gpu integrata, elimina la necessità di utilizzare schede dedicate – sottolinea Stephen -, e permette di eseguire qualsiasi applicazione, anche le più complesse, nel data center e distribuirla in modalità as-a-service”.

Un esempio su tutti, è in grado di dimostrare la validità e le potenzialità di Moonshot. Dopo aver trasferito in un cloud pubblico il proprio patrimonio di informazioni video, 20th Century Fox ha iniziato ad accusare un aumento nel livello di pirateria dei propri film, soprattutto quelli ancora inediti. L’architettura Hp si è rivelata utile per un’insolita operazione di migrazione al contrario, ripristinando un data center proprietario dove mantenere un miglior controllo sulla distribuzione video.

Ed è proprio l’ambito video, uno dei più impegnativi in fatto di risorse computazionali, uno dei principali obiettivi con l’estensione di offerta. “Le società di broadcasting e i multi-service operator affrontano la difficile sfida di distribuire volumi crescenti di contenuti per un numero di dispositivi sempre maggiore e con formati e risoluzioni differenti – conclude Stephen -. Un contesto che unito all’adozione di formati di risoluzione in ultra-alta definizione, mette a dura prova le infrastrutture di transcodifica in tempo reale”.

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