Intervista

L’ecommerce di Monclick guarda anche alle PMI

Il portale di commercio elettronico, ceduto circa due anni e mezzo da Esprinet, cresce non soltanto grazie al mondo consumer, ma anche per effetto dei servizi rivolti al mondo aziendale

Pubblicato il 29 Nov 2016

Gianluigi Torchiani

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Federica Ronchi, Direttore Generale di Monclick

Non solo consumer: è questa la formula che consente a uno dei principali portali di commercio elettronico Made in Italy, Monclick, di crescere nell’attuale di mercato. In effetti a circa due anni e mezzo dalla cessione di Monclick da parte di Esprinet, come racconta il Direttore Generale Federica Ronchi, molte cose sono cambiate: «Il passaggio è stato graduale perché, in accordo con Esprinet, è stato deciso che avvenisse in maniera non traumatica, proteggendo il business della società, pur andando a modificare l’assetto gestionale che avevamo alle spalle. Abbiamo di fatto portato a termine l’anno scorso una migrazione totale dei sistemi, dunque oggi Monclick è totalmente autonoma, sia dalla precedente proprietà che dalla nuova. La scelta dell’imprenditore, Alberto Ghislini, poiché Monclick e Project lavorano in un ambito merceologico simile (informatica ed elettronica di consumo) ma con un modello commerciale completamente differente, è stata quella di mantenerle completamente separate, andando poi a cogliere le opportunità che arrivano dalle economie di scala».

Nonostante la cessione, Esprinet resta comunque un distributore di riferimento per il portale di ecommerce: «I rapporti con Esprinet sono tuttora importanti, perchè si tratta di uno dei principali distributori di elettronica e informatica in Italia, dunque ovviamente rappresenta per Monclick un valido riferimento negli acquisti, ma nella logica di un’assoluta autonomia. Oggi Monclick possiamo contare su diverse fonti di approvvigionamento sul mercato, di cui una di queste rimane Esprinet. Anche se non certo più predominante come lo era in passato. In effetti, neanche quando eravamo di proprietà di Esprinet tutti gli acquisti avvenivano tramite la casa madre, sia per ragioni merceologiche che per l’esigenza di cogliere determinate opportunità di mercato».

Opportunità che il sito di commercio elettronico sta cercando di ottenere puntando su molteplici direzioni: «Monclick è una società che si sviluppa lungo tre direttrici di business: innanzitutto il B2C, vale a dire i nostri portali www.monclick.it e monclick.fr, che intercettano un’utenza prevalentemente consumer. È la direttrice che ci sfruttare tutte le competenze che ci sono in azienda nella ricerca del prodotto e nel suo posizionamento, nel pricing, nell’attrazione e nel supporto al cliente. I siti esprimono il lavoro costante e coordinato di tutte le nostre funzioni». Questo è senza dubbio l’ambito più noto di Monclick, in cui la società si trova a competere con giganti del calibro di Amazon, in una battaglia che si gioca anche e soprattutto sui prezzi dei prodotti. «La guerra dei prezzi è un meccanismo di base del nostro business. Pensare di evitarla significherebbe andare a finire in una nicchia che poi non sarebbe sostenibile date le basse marginalità. Il nostro è un business di volumi, quindi è chiaro che noi e i nostri competitor facciamo una corsa sui prezzi. Ci sono due strategie che ci consentono di salvaguardare la nostra reddittività: la relazione diretta con il fornitore ci permette di cogliere determinate promozioni e opportunità di mercato riservate soltanto a noi. Con i vendor facciamo tante attività di comarketing, dando grande visibilità ai loro prodotti e rispettando sempre i canali ufficiali di approvvigionamento. Cerchiamo poi di avere un’offerta ben posizionata sul sito, spingendo in maniera adeguata i prodotti con maggiore marginalità, evidenzia Ronchi».

Ma, come si diceva, non tutto è consumer: anzi, una fetta importante del business di Monclick è legato al mondo business. Con un modello commerciale che dovrebbe essere studiato con attenzione anche dagli operatori di canale: «Affianco al B2C abbiamo il B2C, in particolare rivolto verso la micro impresa. Cioè sempre più ci rendiamo conto che questa tipologia di aziende, fino a dieci dipendenti, acquistano prodotti su siti come il nostro. Dunque abbiamo sviluppato dei servizi che vanno incontro alle esigenze di questo tipo di aziende. Ad esempio, abbiamo realizzato un configuratore che permette alle imprese di scegliere il prodotto più adatto alle proprie esigenze. Abbiamo messo in piedi dei servizi di supporto in caso di non funzionamento degli articoli, sia on site (in azienda) che da remoto. Molto spesso queste realtà vengono a visitare il sito, concludendo l’ordine da sole, utilizzando gli strumenti di consiglio. Oppure hanno la possibilità di contattare telefonicamente il nostro customer care, per arrivare alla configurazione più corretta, ricevendo un concreto supporto».

C’è poi una terza direttrice molto importante in termini di fatturato, ribattezzata b2b2c; in buona sostanza Monclick assicura la fornitura di prodotti elettronici a grandi aziende con un enorme database di clienti (come banche, assicurazioni, utility) che a loro volta, per differenziarsi dalla concorrenza, li rendono disponibili ai propri utenti. «Fatto 100 nostro fatturato il b2b2c vale circa il 35%; il 20% arriva dal b2b e il restante 40% dal B2c. Nel 2016 contiamo di chiudere l’anno intorno ai 100 milioni di fatturato, in aumento rispetto allo scorso anno, in particolare sul b2c, su cui stiamo crescendo a una media del +28%, superiore rispetto allo sviluppo dell’ecommerce italiano, che viaggia intorno al 20%. Le nostre vendite on line si stanno spostando molto sul consumer electronics, in particolare nell’audio-video, con la ricerca di Tv sempre più grandi. Questo consente di avere uno scontrino medio sempre più elevato. Tra le altre categorie in crescita c’è il grande e il piccolo elettrodomestico, perché oggi siamo in grado di fornire all’utente sempre più offerte, con diverse caratteristiche tecniche e un servizio di consegna ottimale. Tutto questo ormai rende possibile un’ottima esperienza di acquisto on line. Invece l’informatica è più stabile», conclude Ronchi.

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