Lo smartphone del futuro sarà il nostro dottore

Grazie all’acquisizione di Senosis, Google potrà ampliare le funzionalità health dei dispositivi Android, per prevenire problemi importanti

Pubblicato il 25 Set 2017

Paolo Longo

senosis-google

Che lo smartphone si stia sempre più trasformando da oggetto di puro divertimento a dispositivo utile per una serie di attività extra-ludiche è chiaro. Al di là dell’utilizzo enterprise, già oggi un cellulare può tenere il ritmo cardiaco, il conteggio dei passi e l’andamento dello sforzo fisico quotidiano. Ma nel futuro la sua centralità nel raccogliere e fornire dati essenziali per la cura della persona sarà ancora più evidente.

Ne è convinta Google che di recente ha acquisito la startup Senosis, fondata dal professore di informatica e ingegneria elettronica Shwetak Patel dell’Università di Washington. Finora Senosis ha realizzato applicazioni in grado di sfruttare i sensori sul telefonino in ambito healthcare, seppur limitato da ciò che offre l’hardware attualmente a disposizione.

Ma grazie all’arrivo di Google, Senosis potrebbe presto ampliare le sue capacità di monitoraggio tramite altri tipi di sensori. Ad esempio attraverso una combinazione avanzata tra fotocamera e algoritmi di riconoscimento dei colori, cosa che ha già dimostrato essere possibile con BiliCam e HemaApp, che misura i livelli stimati di emoglobina nel sangue per identificare condizioni di anemia, malnutrizione e patologie del cuore. Ma non solo visualizzazione: Senosis ha sviluppato pure SpiroSmart, che usa il microfono per analizzare la qualità del respiro anche durante lo sforzo. Se accurato, un simile utilizzo può consentire di diagnosticare l’asma e la fibrosi cistica.

L’acquisizione da parte di Google non potrà che migliorare i progetti già in essere di Senosis. Soprattutto con gli smartphone di prossima generazione, i nuovi sensori per la ricostruzione in 3D degli ambienti e dei volti, permetteranno di rilevare con maggiore precisione il cambiamento, pur minimo, nelle espressioni delle persone, per capire anche con un selfie se c’è qualcosa che non va.

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