Avaya Engage Dubai

L’ecosistema di Avaya, un modello per i partner del canale



Non più generalisti, ma soggetti capaci di verticalizzare le soluzioni in funzione delle esigenze dei clienti. È una delle indicazioni emerse in occasione dell’Avaya Engage di Dubai a favore dei vari attori della catena del valore. Con l’invito a integrare competenze e ad avviare alleanze sul campo

Carmelo Greco

Pubblicato il 18 Nov 2019


Il mercato globale della tecnologia CCaaS, contact center as a service, oggi vale 15,7 miliardi, con un CGAR stimato del 23,6% nel prossimo biennio. All’Avaya Engage, che si è svolto a Dubai dal 12 al 14 novembre, la strategia di canale di Avaya per le aree EMEA e APAC parte dai dati economici e dalle previsioni di crescita inerenti i due pilastri core della multinazionale statunitense: contact center, appunto, e unified communications (UC), la cui evoluzione verso sistemi UCaaS, e non più on premise, si preannuncia altrettanto marcata.

Un cambiamento che necessita di un metodo commerciale corrispondente, soprattutto nel mid-market tipico del tessuto economico italiano, e non solo. A cominciare dall’emergere di nuovi interlocutori di fronte a una servitizzazione della tecnologia sempre più spinta.

Nuove alleanze per arricchire l’offerta dei partner

«Quando vendiamo nello spazio del mid-market – spiega Fadi Moubarak, Vice President e responsabile dei canali di Avaya  – generalmente ci rivolgiamo ai titolari o ai direttori generali. A loro occorre un approccio verticale basato più che sull’uso della tecnologia, sulle sue funzionalità. Un’opportunità maggiore proprio per i partner più piccoli, perché non si può essere generalisti, ma bisogna verticalizzare».

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Fadi Moubarak, Vice President e responsabile dei canali di Avaya

«Servono competenze specifiche e software oriented – aggiunge Massimo Palermo, country manager di Avaya Italia – per “scaricare a terra” l’offering di vendor importanti come noi. In questo scenario, il cloud dà un’opportunità anche ai più piccoli di vendere senza alcun impegno finanziario». Con un modello che, al posto dell’immobilizzazione CapEx, punta a spostare l’asse degli investimenti progressivamente verso l’OpEx, «i partner devo essere capaci di integrare e customizzare, ma devono avere anche un’agenda per il cloud» sottolinea Moubarak. Gli stessi requisiti richiesti a valle agli attori della catena del valore sono parte integrante della strategia di alleanze che Avaya sta conducendo tramite partnership con big vendor quali IBM, Microsoft e RingCentral.

«Combinare insieme una tecnologia UCaaS come quella di RingCentral – continua Moubarak – con la nostra presenza nel mondo vuol dire arricchire l’offerta per i nostri partner. Oppure pensiamo a Microsoft, insieme a cui lanceremo Avaya IX CCaaS nel 2020, che sarà ospitato nei data center Azure degli Emirati Arabi Uniti e coprirà gli Stati del Golfo. Con queste alleanze il canale viene arricchito, perché portiamo i nostri partner verso un’ulteriore possibilità di vendere un’eccellenza».

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Massimo Palermo, country manager di Avaya Italia

Un ecosistema basato su una piattaforma aperta

«La partnership con RingCentral – riprende Massimo Palermo – è un esempio su scala globale di come il nostro principale competitor sul mercato americano sia diventato il nostro principale alleato. Se lo facciamo noi o, per analogia, gruppi automobilistici come FCA e PSA, perché un partner non dovrebbe cercare a livello locale delle collaborazioni? Del resto, il nostro ecosistema si fonda su una piattaforma tecnologica che diventa, grazie alle sue API aperte, uno strumento personalizzabile dai clienti che possono sviluppare applicazioni e servizi custom. Oggi nessun vendor può affrontare da solo la battaglia della digitalizzazione dei processi di business, perché riguarda l’aspetto applicativo, infrastrutturale, di conoscenza verticale. E non deve neppure avere la presunzione di farlo sino all’ultimo miglio, dove invece il system integrator assicura specializzazione, prossimità geografica e conoscenza del cliente». Secondo il country manager di Avaya Italia a mancare non è tanto la vision, all’interno del canale, quanto «il coraggio di fare il primo passo. Molti partner avvertono il rischio di poter perdere quei clienti che seguono con un business model tradizionale. Per questo servirebbe un po’ più di coraggio. Le soluzioni tecnologicamente ci sono e i clienti sono pronti ad ascoltare. Se pensiamo, ad esempio, allo smart working, sia nella pubblica amministrazione sia nel privato potrebbe diventare uno strumento per aumentare la produttività e per imprimere vantaggio competitivo. Un modo di ripensare i processi di business e per differenziare la customer experience che viene offerta a cittadini e clienti».

La parola ai partner italiani presenti: non solo tecnologia, ma strumenti di business

Che il mondo IT e quello dei service provider siano profondamente cambiati è una evidenza anche per i distributori. Avaya in Italia lavora con 4 distributori sul territorio Asit spa, Westcon-Comstor, Fiore e Itancia.

Nello specifico Asit spa, storico distributore dal 2005, è anche Sponsor dell’evento internazionale Avaya Engage che si è appena concluso a Dubai.

«In questo nuovo scenario – afferma Marco Gabriele, Vice President e Sales Director di Asit spa – le soluzioni UC e Video Collaboration sono sempre più vicine alle soluzioni Cloud e Open per aderire meglio alle necessità sia di innovazione tecnologica che di contenimento costi, comuni a tutti i settori di mercato: PMI, grandi imprese e service provider. E per rispondere alle varie esigenze e garantire flessibilità e personalizzazione, Avaya ha infatti nel suo portafoglio soluzioni avanzate e innovative legacy, cloud e open con device di ultima generazione ».

La cinghia di trasmissione tra il vendor e i vari segmenti di mercato, nonchè volano di sviluppo per la strategia di canale, è la figura del distributore, un soggetto che, nel caso specifico di Asit, conta anche su una divisione interna di ingegneria certificata e specializzata per «trasferire il meglio della tecnologia Avaya adeguandola ai diversi modelli di business e mercati verticali che caratterizzano il mercato Italiano».

«In Italia abbiamo una buona fetta di pionieri e una di resistenti» è invece l’opinione di Maurizio Lavagna, Managing Director Italy, Adriatics & Eastern Europe di Westcon-Comstor, distributore internazionale di Avaya presente a Dubai. «La differenza che c’è oggi rispetto al passato – evidenzia Lavagna – è che oggi i sistemi di comunicazione e di collaborazione sono strumenti di business, ma non nell’accezione comune: strumento come qualcosa che aiuta a svolgere compiti che già conosciamo. Questi strumenti ci permettono di pensare in modo nuovo, e di cambiare». Un altro punto di forza di Avaya, a detta del Managing Director, è il suo essere una «società channel centric, che tra le prime ha investito sul canale e che crea programmi per fare in modo che il deployment avvenga nella maniera più efficiente, tenendo presenti le specificità di ogni attore».

Anche sul journey to the cloud, uno dei temi che hanno caratterizzato la tre giorni di Dubai, «Avaya si sta muovendo su un continuum già definito anni orsono. Quanto è stato presentato in questi giorni è già tutto disponibile e si declina nei possibili modi: private, hybrid, public cloud non solo per ciò che riguarda le comunicazioni, ma anche i contact center e gli applicativi. Questo slancio verso il futuro avviene senza dimenticare i legacy products. Avaya ha sempre un occhio di riguardo su tutto ciò che è stato venduto e installato prima, e che per molti clienti deve essere protetto come investimento».

La convergenza dei punti di vista in tutto il canale. Il commento di STT  

La controprova che i punti di vista di top management e protagonisti del canale sono convergenti la si ottiene dialogando con chi si colloca in prossimità dell’utilizzatore finale delle tecnologie Avaya. Andrea Fumagalli, Account Manager di STT, system integrator e partner di Avaya dal 2000, all’appuntamento di Dubai ha accompagnato uno dei clienti più importanti dell’azienda, Fastweb.

«Oggi l’interlocutore per andare a discutere di soluzioni UC innovative, che rappresenta il nostro offering principale, non è più l’IT manager, ma sono diventati i lines of business manager». Che è la medesima analisi di Fadi Moubarak svolta dal suo più vasto osservatorio che comprende le regioni EMEA e APAC. «Negli ultimi 5 anni poi sono cambiate le aziende a cui ci rivolgiamo. Mentre prima prevedevano grandi uffici centrali, adesso magari hanno una molteplicità di micro location, che è tipicamente una struttura che si sposa con un’architettura di tipo cloud».

Lo smart working, a cui faceva cenno Massimo Palermo, è una delle possibili applicazioni di questo nuovo modo in cui si articola la dinamica del lavoro e della collaborazione. Che non significa necessariamente una migrazione in massa verso il cloud, analogamente a quanto richiamato da Maurizio Lavagna in merito ai legacy products.

«Teniamo i piedi saldamente nell’offerta on premise – conclude Fumagalli -, perché il cloud in Italia ancora non ha sfondato come in altri Paesi, ma ci stiamo arrivando. E vendor come Avaya si stanno strutturando per permettere a noi partner di aggredire questa fetta di mercato con la sicurezza di avere le spalle coperte dal punto di vista tecnologico».

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