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«Abbiamo inventato la batteria del futuro, in arrivo smartphone con autonomia triplicata»
L’annuncio arriva dai ricercatori dell’Università di Stanford e da un di un gruppo di ricerca che da anni studia il futuro delle batterie ricaricabili
Pubblicato il 04 Ago 2014
Un problema che, ora, potrebbe avere trovato una possibile e clamorosa soluzione grazie all’annuncio arrivato dalle colonne del giornale scientifico Nature Nanotechnology. «Potrebbe essere davanti al Sacro Graal delle batterie» annuncia infatti senza mezze misure il professore Yi Cui attivo presso il dipartimento di Ingegneria e Scienza dei materiali dell’Università di Stanford e a capo di un gruppo di ricerca che da anni studia il futuro delle batterie ricaricabili. «Il litio ha passato importanti sfide estreme che hanno reso il suo uso molto difficile. Molti ingegneri avevano abbandonato la ricerca, ma abbiamo trovato un modo per proteggere il litio dai problemi che lo hanno afflitto per tanto tempo. In termini pratici – spiegano i ricercatori – se fossimo in grado di migliorare la capacità delle batterie, per esempio, quattro volte rispetto a quelle odierne, sarebbe una cosa emozionante. Potreste essere in grado di avere il cellulare con il doppio o il triplo della durata della batteria o una macchina elettrica con un’autonomia di 300 miglia che costano solo 25 mila dollari.
Nell’attuale generazione di batterie al litio solo l’elettrolita della batteria contiene potenza a ioni di litio da essere sfruttata per il funzionamento del dispositivo. A causa del modo in cui il litio si espande, l’anodo e il catodo, il polo positivo e il negativo, si disintegrano in modo automatico dopo un certo periodo, con la conseguente perdita dell’efficienza della batteria stessa». Un problema che oggi i ricercatori hanno pensato di superare grazie a dei nanotubi protettivi realizzati in carbonio che sembra siano in grado di estrarre un maggiore quantitativo di litio e di “contenere e resistere” maggiormente di fronte all’evoluzione e all’espansione del litio stesso. Il progetto però, spiegano gli stessi ricercatori, non vedrà la luce prima di 5 anni…