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Vincenzo Fiengo (DGS): “Non siate gelosi della vostra azienda, aprite le porte per farla crescere”



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A un anno dall’ingresso del fondo ICG, il founder e Co-CEO di DGS racconta la strategia di crescita, i target di prossime acquisizioni e l’obiettivi al 2028: 850 milioni di fatturato

Pubblicato il 25 set 2025



Vincenzo Fiengo (DGS): “Non siate gelosi della vostra azienda, aprite le porte per farla crescere”
Vincenzo Fiengo, Co-CEO DGS

“Non bisogna essere troppo gelosi della propria creatura: agli amici imprenditori dico sempre: aprire le porte. È fondamentale se si vogliono raggiungere traguardi importanti”. A un anno dal cambio di fondo nell’azionariato del gruppo DGS (il private equity ICG ha preso il posto di HIG) il founder e Co-CEO Vincenzo Fiengo non ha dubbi: aprire il capitale di un’azienda a soci esterni fa bene. E i numeri gli danno ragione: da 330 milioni di fatturato nel 2024 a una proiezione di 430 milioni per il 2025, con l’ambizioso obiettivo di raggiungere 850 milioni entro il 2028.

In questa intervista Fiengo racconta come ha portato a questo punto l’azienda creata e guidata con Salvatore Frosina: più di 20 sedi, oltre 2500 persone, 1000 clienti significativi e una posizione di rilievo nel ranking italiano dei servizi software/IT.

Fiengo, lei ha iniziato la sua carriera in Olivetti negli anni ’90. Come è arrivato a DGS?

In realtà sia io che Salvatore Frosina abbiamo avuto una parentesi nel gruppo Olivetti, dove ho fatto un percorso prima da tecnico e poi da manager. Quando abbiamo visto che il gruppo Olivetti stava perdendo quote di mercato, abbiamo deciso di investire in questa realtà che era già costituita. DGS nasce nel 1997 grazie a un progetto imprenditoriale di sette giovani che presentarono un’idea sulla formazione a distanza a Sviluppo Italia. Dopo alcuni anni, da soli non sono riusciti a far decollare il progetto, quindi in modo progressivo prima io e poi Salvatore siamo entrati e abbiamo iniziato a definire i primi business plan triennali per far crescere l’azienda con una strategia molto chiara sul mercato.

Qual è stata la vostra strategia di crescita?

Come fanno tutte le startup, abbiamo iniziato con attività di subappalto sui grandi clienti e poi, negli anni, abbiamo conquistato direttamente i nostri clienti. Alcuni di quelli sono ancora attuali dopo vent’anni. La vera forza di questo gruppo è stata quella di definire un percorso di crescita organico sui clienti: siamo partiti con fatturato di qualche centinaio di migliaia di euro su un singolo cliente, mentre oggi arriviamo anche a 20-25 milioni sui nostri clienti top. Questo è avvenuto grazie al trust che si è creato e alla qualità dei servizi offerti. Ma anche grazie a un forte orientamento all’innovazione, all’integrazione fra competenze tecnologiche e di business, alle competenze interne e una decisa politica di acquisizioni strategiche.

Quando è cominciata la “relazione” con i fondi di private equity? Perché avete fatto questa scelta?

Abbiamo avuto prima il supporto finanziario di un fondo americano, HIG, per quattro anni. Poi, terminato il loro ciclo di investimento (tipicamente tra i 3 ed i 5 anni)hanno deciso di uscire e andare sul mercato, indipendentemente dalle possibilità di una crescita ulteriore. Per poter proseguire nel percorso di crescita che avevamo disegnato, io e il mio socio, abbiamo deciso di tornare sul mercato e aprire le porte a ICG. L’operazione è stata completata nell’agosto del 2024.

Che differenze ci sono tra il fondo precedente e l’attuale?

ICG ha un profilo e una storia diversa: è un fondo istituzionale quotato alla Borsa di Londra con diversi segmenti di fondi di diverse carature e quindi offre oppourtunità molto più ampie: l’alternativa, nel futuro prossimo per noi, potrebbe essere quella di passare a un fondo più grande della loro galassia per poter sviluppare un progetto ancora più ambizioso. Questo è una garanzia di continuità per noi, per le nostre quote di minoranza, ma soprattutto per tutto il management e le persone che sono all’interno della nostra organizzazione.

I risultati del primo anno con ICG?

Questi primi 13 mesi sono stati molto proficui, sia dal punto di vista della crescita organica sia per quanto riguarda le operazioni straordinarie. Rispetto al 2024 sia già a circa 100 milioni di ricavi in più: eravamo a 330 milioni circa e per il 2025 stiamo proiettando 430 milioni. Anche rispetto all’andamento di mercato, stiamo facendo molto bene.

Che cosa c’è dentro questa crescita?

Quest’anno abbiamo fatto quattro acquisizioni: due abbastanza importanti, una sul mondo dell’intelligenza artificiale da circa 35 milioni (AI.Gen in giugno ) e l’altra sulla componente HR nel mondo SAP da circa 20 milioni (Allos nello scorso agosto) Quindi abbiamo acquisito circa 55 milioni di valore economico dal mercato con operazioni straordinarie. L’altra parte di fatturato viene dalla crescita organica: cerchiamo sempre di bilanciare l’esterno con l’interno.

Quali sono gli obiettivi del business plan con ICG?

Entro il 2028 dovremmo raggiungere 850 milioni con un EBITDA che superi abbondantemente i 100 milioni. Quello che vogliamo non è solo il fatturato per il fatturato, ma un fatturato che crei valore, quindi ottenere un risultato in termini percentuali di EBITDA superiore rispetto agli anni precedenti. ICG ha le idee molto chiare su questo tema: ha subito ingaggiato Boston Consulting e un Senior Advisor (ex Bain & Company) per implementare un piano di value creation con cantieri aperti per incrementare marginalità ed EBITDA.

Quali sono i mercati in cui DGS gioca la sua partita?

I nostri mercati di riferimento sono sempre stati quattro: pubblica amministrazione centrale, locale e sanità; industria; financial services; energy e utility. Al momento hanno pesi diversi: pubblica amministrazione centrale e industria sono un po’ più avanti rispetto a financial services ed energy utility. L’obiettivo che ci siamo dati è proprio quello di allineare questi ultimi agli altri due, in modo da avere più o meno lo stesso volume d’affari per ciascuno, poter camminare bene su quattro gambe in equilibrio ed evitare il rischio di sbilanciamenti. Anche per questo non vogliamo esagerare con il PNRR

In che senso?

Grazie al PNRR in questo momento ci sono tantissime iniziative progettuali e lo spending pubblico è molto più alto rispetto agli anni precedenti. Cavalchiamo l’onda, ma non esageriamo perché le proiezioni ci dicono che nei prossimi anni ci sarà a una riduzione di quei valori. Per questo siamo particolarmente sensibili a mantenere questo equilibrio ed evitare scompensi futuri.

Quali sono le aree tecnologiche su cui puntate di più?

Sicuramente la cybersecurity è un driver molto forte della nostra crescita. Abbiamo fatto un investimento importante su una soluzione (X-SOC: Security Operation Center) che ci permette di affrontare un mercato di fascia inferiore rispetto ai nostri clienti enterprise. Sulla cybersecurity siamo tra i leader ma abbiamo anche un offerta ampia a supporto della trasformazione digitale: negli anni abbiamo cercato di accrescere la proposta di piattaforme tecnologiche per dare soluzioni sempre più complete ai nostri clienti: spaziamo da Microsoft a SAP, da ServiceNow a Liferay, oltre a coprire tutte le esigenze della trasformazione digitale del mondo industriale (IoT, PLM, SCM, ecc.).

Non possiamo non parlare di intelligenza artificiale. Qual è la vostra visione e il vostro approccio?

Quello che ci aspettiamo nei prossimi mesi è sicuramente una contaminazione dell’AI su tutta la linea di offerta che abbiamo come gruppo. Con l’acquisizione di AI.Gen nel settore dell’intelligenza artificiale siamo a posto, ma non escludiamo estensioni nel settore e stiamo ragionando sulla possibilità di fare investimenti sull’AI fisica, quindi sulla robotica. Potrebbe essere un’evoluzione naturale che stiamo valutando e che molto probabilmente metteremo in atto nei prossimi mesi.

Nel gruppo oggi siete 2500 persone. C’è una complessità obiettiva nella gestione di un’organizzazione così ampia. Come gestite la crescita del personale e l’attrazione dei talenti?

Sicuramente abbiamo bisogno di acquisire dal mercato sempre nuove risorse, in funzione delle sfide che abbiamo davanti. Una crescita a più di due cifre ogni anno non si può affrontare solo con le risorse interne. Proprio grazie a questa crescita e alla grande visibilità che abbiamo come gruppo, oggi facciamo meno fatica rispetto agli anni passati nella selezione. In termini di brand identity c’è stato un riconoscimento dal mercato che ci aiuta. Facciamo, però, anche reskilling di persone che sono partite con noi su qualche tecnologia ormai obsoleta e le facciamo migrare sulle tecnologie più attuali.

Un consiglio per altri imprenditori che stanno valutando percorsi di crescita e hanno bisogno di supporto finanziario? Che cosa direbbe loro dei fondi, visto che li conosce bene?

Aprire il capitale a un fondo? Lo rifarei e lo consiglio. Ultimamente ci sono tantissimi miei amici sul mercato che mi chiedono consigli. Bisogna avere il coraggio e credere in un supporto finanziario per un progetto più ampio di carattere industriale. Non necessariamente devono essere fondi, si può pensare anche a un partner industriale per la crescita, però secondo me è fondamentale questo concetto: restare da soli è un limite e non permette di affrontare sfide ambiziose. Se manca la componente finanziaria in un progetto di crescita, non è facile raggiungere risultati davvero importanti. Il consiglio, quindi, è: non siate troppo gelosi della vostra creatura e aprite le porte di casa.


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