Quando inizia a raccontarmi la sua storia, Roberta Viglione, AD di Mauden, parte da un’immagine intima e semplice: una bambina su una poltrona, con un vassoio incastrato tra i braccioli e un foglio bianco su cui disegnare case, arredi, spazi. «Ho passato la mia infanzia a immaginare edifici. Volevo fare l’architetto, nient’altro», esordisce. E invece la vita aveva in serbo altro: diventare imprenditrice in ambito IT, alla guida di Mauden, system integrator italiano che accompagna le imprese nella trasformazione digitale, basata su architetture data-driven, servizi gestiti e automazione intelligente a supporto dei processi di business, con oltre 200 dipendenti e una crescita costante negli ultimi anni.
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Storia di una “guida spontanea”
Il punto, però, è che quella bambina è perfettamente ancora in lei: la medesima energia, l’entusiasmo, lo sguardo vivace e curioso e le idee chiare fanno ancora parte di Roberta e la hanno accompagnata in tutte le fasi della sua vita.
Con un tratto caratteriale innato ma che Roberta ha compreso pienamente solo con il tempo: una naturale propensione alla leadership. «Un giorno, molti anni fa, mio cognato mi raccontò il ricordo che aveva di me ragazzina, la prima volta che mi vide. Ero in bici, per strada, a capo di un gruppo di coetanei che mi seguivano: sceglievo la direzione, spronavo chi restava indietro. All’epoca, quell’osservazione mi sembrò quasi una critica, ma col tempo ho capito che era semplicemente il mio modo di essere», ricorda Roberta: una guida spontanea.
Una consapevolezza maturata nel tempo, anche attraverso episodi che possono far soffrire: «Da giovane mi capitò di sentirmi dire da un fidanzato che ero troppo energica, troppo presente. Non sempre essere leader è un bene, soprattutto da ragazzi. Col tempo ho capito che quella forza caratteriale è un valore, ma che bisogna imparare a dosarla», riflette.
L’inizio di un percorso non previsto
Questo temperamento rappresenta il filo conduttore della sua carriera: l’indipendenza, la capacità di non restare chiusa in ruoli che non sente suoi, la libertà come motore di crescita, il desiderio di misurarsi con sfide importanti. Un’attitudine che le permette da sempre di leggere in anticipo il cambiamento, di modificare la rotta quando necessario.
«Durante l’università, Architettura naturalmente, mi sono resa conto che volevo diventare autonoma in fretta – racconta Roberta -. E l’IT, che allora era agli albori e in fermento, mi sembrò il settore capace di offrirmi quell’indipendenza personale ed economica».
Lascia così gli studi, segue un corso di programmazione e nel 1994 arriva in Mauden, che all’epoca contava tre persone, un mercato ristretto e un futuro tutto da immaginare.
Ma non passa molto tempo prima che lei senta che quello spazio non le basta. «A un certo punto sono andata dal mio capo e gli ho detto che me ne sarei andata: avevo bisogno di qualcosa di più grande e dinamico». È quello il momento che cambia tutto: il suo responsabile non la lascia andare. Al contrario le propone di acquistare metà dell’azienda. Roberta, poco più che trentenne, accetta, diventa co-imprenditrice. «Ho scoperto, così, che non volevo solo essere libera, ma anche costruire qualcosa di duraturo, creare una realtà riconoscibile, stabile, con un’identità forte e caratteristiche di eccellenza».
Intuizioni che cambiano la rotta
Nel suo nuovo ruolo, Roberta si muove con prudenza e misura, ma sempre con capacità intuitiva ed entusiasmo: «La mia vita è cambiata in modo graduale: l’azienda, all’epoca ancora piccola, mi ha consentito di sviluppare la mia dimensione imprenditoriale insieme alla mia visione. Non ho mai fatto il passo più lungo della gamba e, soprattutto, non mi è mai pesato lavorare, investire, rischiare», afferma. E il mercato se ne accorge presto: “Tu sei una market maker”, le disse un giorno una figura di spicco del settore IT. «Negli anni, mi sono resa conto che nei momenti decisivi riuscivo sempre a comprendere in anticipo dove si sarebbe indirizzato il mercato».
E, infatti, in un periodo di grande crescita della virtualizzazione, Roberta Viglione decide di investire, invece, in ambito mainframe, storage, nel mondo dei dati, e l’azienda diventa distributrice dei principali marchi sul mercato. «Una nicchia, ma robusta, che ci ha resi riconoscibili sul mercato». Roberta a quel punto rileva interamente la società. I dipendenti diventano una trentina e il tempo scorre veloce, fino a quando, a inizio anni 2000, sente l’esigenza di rendere Mauden parte di un progetto industriale più grande: «Ritenevo che per poter continuare a far crescere l’azienda in modo sostenibile fosse importante poter contare su altre esperienze, non solo sulla mia personale visione del mercato, e su una rinnovata capacità finanziaria”.
Vendere, ricomprare, crescere
Roberta decise, quindi, di vendere a una multinazionale tedesca, «Ma il risultato fu molto diverso da ciò che avevo immaginato: la visione industriale che speravo di aver trovato e che mi aveva rassicurata nel prendere questa decisione, in realtà non esisteva». Per una persona abituata a guidare, a costruire e a indicare la direzione, e per cui coerenza, autonomia e progettualità sono fondamentali, la situazione diventa difficile da riconoscere come propria.
La conclusione è radicale: dopo un paio di anni, Roberta Viglione decide di riacquistare l’azienda e il racconto, inizia a somigliare a quello di un film: «Il 31 gennaio, in una sala riunioni dell’aeroporto di Zurigo, ho dato appuntamento al titolare dell’azienda tedesca che aveva acquisito Mauden. In due ore abbiamo trovato un accordo e l’ho ricomprata. Da allora, per anni, quella data è stata considerata festa aziendale!».
Una mossa ripagata da una crescita costante, basata sul consolidamento delle sue specializzazioni e l’acquisizione di nuove realtà. Nel giro di una quindicina d’anni i dipendenti diventano quasi 150 e Roberta si sente pronta per un nuovo passo: nel 2019, dopo che diversi player avevano manifestato interesse per l’acquisizione di Mauden, la scelta ricade su Ricoh, considerata la realtà che meglio poteva garantire all’azienda il piano industriale desiderato.
E qui emerge ancora lo spirito da fanciulla, romantico, di Roberta: «Ho deciso di vendere il 23 dicembre, un giorno per me simbolico. È, infatti, il mio compleanno e, per casualità, la data di fondazione di Mauden. Visto che era la seconda volta che decidevo di vendere, e la prima non era andata come sperato, ho voluto che la seconda volta avvenisse proprio quel giorno. Non cercavo un’operazione meramente economica ma un progetto che desse a Mauden una casa in cui crescere ulteriormente. Il mio obiettivo continuava, infatti, a essere quello di garantire continuità, integrazione e un futuro solido, all’interno di una struttura più grande, a quello che considero il mio primo figlio (a cui sono seguiti Lorenzo e Giulia, ndr)», specifica.
Cliente al centro senza perdere l’equilibrio
Da allora, Roberta Viglione continua a guidare Mauden «Con lo stesso senso di responsabilità di quando era solo mia, all’interno però delle regole del Gruppo. La nostra è una realtà cliente centrica, tutte le scelte fatte partono dalle esigenze concrete delle organizzazioni che seguiamo e, spesso, sono proprio i clienti a chiederci di supportarli anche in ambiti differenti da quelli che ci hanno resi riconoscibili. Le richieste sono tante e da luglio abbiamo assunto quasi quaranta persone. Ci siamo affermati portando sul mercato un approccio di eccellenza e competenza in ambiti specifici, inizialmente finance e PA, per poi aprirci al mondo dell’industria. Ma proprio perché abbiamo costruito il nostro mercato sull’eccellenza, dobbiamo resistere alla tentazione di dire sempre sì: lavorare senza sosta può capitare, ma non deve diventare la norma».
Un punto fermo che deriva anche dalla sua storia personale. «A un certo punto, ho perso l’equilibrio anch’io. Il lavoro era la mia passione e mi sono lasciata trascinare, ma bisogna obbligarsi a tenere uno spazio di pensiero diverso, libero, per qualcos’altro. È lì che spesso nascono le idee migliori: se si pensa solo al lavoro, ci si ritrova in un loop chiuso e alla fine si smette di crescere».
Lo sguardo al futuro
Guardando avanti, la traiettoria che Viglione immagina per Mauden è chiara: «La system integration rappresenta la componente principale della nostra attività, ma stiamo crescendo in modo importante anche nei servizi gestiti; puntiamo ad ampliare le competenze tecniche e a rendere la componente consulenziale sempre più forte. Oggi, come all’inizio del mio percorso imprenditoriale in Mauden, il dato resta al centro di tutto: dove lo metto, come lo proteggo, come lo recupero, come lo uso». Anche quando si parla di Intelligenza artificiale, come a suo tempo di cloud, lo sguardo di Roberta resta privo di timori. «La generative AI non è qualcosa da guardare con inquietudine, ma una leva da conoscere, cavalcare, governare. Se poi diventerà anche una fonte di business, tanto meglio. All’inizio, ogni passaggio tecnologico sembra complicato, poi diventa normale. La tecnologia avanza: più la cavalchi, più la conosci, meglio stai. La cosa importante è non farsi bloccare dal timore di assumersi la responsabilità di una scelta», osserva.
La ricerca della stabilità
Roberta Viglione ha però un filo rosso che guida tutte le sue decisioni: la ricerca di stabilità. È ciò che ha voluto per Mauden ed è ciò che coltiva nella vita privata. La sua energia trova equilibrio in un matrimonio di lunga data, due figli, una rete di affetti che considera essenziale e in passioni che la rigenerano ogni giorno: «Viaggiare è la mia fonte di energia più grande, così come l’arte contemporanea e l’architettura, che è rimasta radicata in me fin dall’infanzia. In casa nostra ci trasciniamo a vicenda: ognuno porta qualcosa, ognuno genera movimento. È una ricchezza enorme. In azienda, allo stesso modo, la parola d’ordine condivisa è entusiasmo».
E sul lavoro, questa energia si traduce, in tre capisaldi: visione, velocità, verità. Sono questi i termini con cui Roberta definisce il suo modo di guidare Mauden: «Visione, perché riuscire a vedere un po’ più avanti degli altri è fondamentale per costruire percorsi che durino nel tempo. Velocità, perché intervenire nei momenti giusti, senza lasciarsi paralizzare da analisi infinite, fa davvero la differenza. Verità, infine, perché raccontare sempre le cose come stanno è la base di tutto».
Parole positive, dirette. Come il percorso di un’imprenditrice che, fin da bambina, guidava gli amici in bicicletta. Non perché volesse stare davanti, ma perché aveva già chiara la strada.










