L’equilibrio tra intelligenza artificiale e sostenibilità è una delle questioni più urgenti per l’economia contemporanea. Lo ha sottolineato Mirko Puliafito, amministratore delegato di Digitiamo.ai e board member di mAIhub, intervenendo nel podcast Red Talk di Red Public. Il manager ha illustrato come l’AI, spesso percepita come una tecnologia energivora e complessa, possa diventare un motore di efficienza e una leva concreta per la competitività delle imprese, a condizione che venga adottata con un approccio realistico e misurabile.
Indice degli argomenti
L’AI come leva strategica di sostenibilità
Puliafito individua due domande centrali per comprendere la relazione tra AI e sostenibilità: «Quanto l’AI è sostenibile?» e «Come l’AI può rendere sostenibile un’azienda?».
Il primo interrogativo riguarda il consumo energetico e l’impatto ambientale dei modelli di intelligenza artificiale. Le grandi infrastrutture che alimentano i sistemi di calcolo consumano enormi quantità di risorse, generando un dubbio etico in chi, pur lavorando sulla sostenibilità, si trova ad adottare strumenti che potrebbero contraddirne i principi. Puliafito racconta l’esperienza di una manager di un gruppo internazionale del food & beverage: «Mi diceva di usare poco Copilot perché, occupandosi di sostenibilità, non si sentiva coerente a utilizzare una tecnologia così energivora».
La seconda domanda apre invece alla dimensione propositiva: come l’AI può essere impiegata per ridurre gli sprechi, ottimizzare i processi e migliorare l’impronta ecologica delle imprese. È qui che la tecnologia diventa strumento di impatto positivo, capace di compensare il proprio costo ambientale con il valore generato in termini di efficienza e di riduzione delle risorse impiegate.
Efficienza e sostenibilità: un caso concreto
Per spiegare in modo tangibile come l’AI possa contribuire alla sostenibilità aziendale, Puliafito porta l’esempio di un progetto sviluppato nel settore retail. L’azienda in questione investiva ogni anno milioni di euro nella produzione di materiali pubblicitari stampati, un processo che comportava lunghi tempi di realizzazione e un’elevata quantità di scarti.
L’introduzione di un sistema di intelligenza artificiale addestrato per la creazione e validazione dei materiali ha completamente trasformato il flusso di lavoro. Il ciclo di produzione, che richiedeva fino a due mesi, è stato ridotto a quindici giorni, con un abbattimento significativo degli errori e dei volumi inutilmente stampati. L’AI, spiega Puliafito, «analizza i prezzi dei competitor, interviene nella validazione pre-stampa e riduce la tiratura dei materiali, limitando così il costo dell’errore».
L’impatto di questa trasformazione è duplice: da un lato l’azienda ha diminuito le proprie emissioni indirette, dall’altro ha aumentato la velocità di reazione commerciale, rendendo la comunicazione più mirata e sostenibile anche dal punto di vista economico. È un esempio concreto di come l’intelligenza artificiale possa rappresentare una leva di efficienza ambientale, operativa e competitiva.
La sostenibilità dei dati: l’AI come strumento e come sfida
Oltre ai processi, Puliafito affronta il tema della gestione dei dati ESG, oggi al centro delle strategie di sostenibilità aziendale. L’AI, afferma, può aiutare a compilare bilanci di sostenibilità e a costruire report ambientali automatizzati, ma solo se l’azienda dispone di un’infrastruttura informativa solida. Il problema, però, è che molte realtà non la possiedono.
«Parliamo spesso con imprese che vogliono realizzare un bilancio di sostenibilità guidato dall’AI», racconta, «ma poi ci scontriamo con sistemi informativi frammentati, risorse IT insufficienti e dati sparsi tra reparti diversi». Il risultato è che, in mancanza di una data governance matura, i progetti si arenano.
Per Puliafito, la soluzione non è attendere la perfezione tecnologica, ma accettare l’approssimazione come valore operativo: «Non possiamo aspettare due anni perché l’IT integri tutto. Serve la capacità di stimare i consumi e di costruire report basati su dati parziali, ma utili». L’AI può quindi agire come ponte tra la raccolta disomogenea delle informazioni e la necessità di misurare in tempi rapidi l’impatto ambientale di un’azienda.
Dall’AI imperfetta all’AI utile
Puliafito definisce l’AI come un acceleratore pragmatico più che una tecnologia perfetta. Oggi, spiega, è possibile aggregare fogli Excel disordinati e farne la base per la creazione automatica di dashboard, bilanci o note integrative. «Abbiamo finalmente modelli in grado di lavorare su dati incompleti e generare risultati concreti», afferma.
L’obiettivo, in questa visione, non è costruire il sistema più sofisticato, ma raggiungere risultati misurabili. Il successo di un progetto AI si valuta sulla capacità di generare valore con risorse limitate, non sull’eleganza tecnica della soluzione. È un approccio che richiama la logica della sostenibilità stessa: agire subito, migliorare progressivamente, non attendere l’ideale per iniziare.
Il fattore umano e il change management
Nonostante il potenziale della tecnologia, l’ostacolo principale all’adozione dell’AI resta umano. Puliafito osserva che molti progetti falliscono perché chi deve utilizzarla non è disposto a delegare parte del lavoro alla macchina. «Spesso incontriamo persone che sentono il bisogno di dimostrare di essere migliori dell’AI», spiega, «ma questo atteggiamento frena l’innovazione».
La chiave è quindi la cultura aziendale. Attraverso iniziative come mAIhub, Puliafito e il gruppo Excellence promuovono la formazione e la consapevolezza dei professionisti, aiutandoli a comprendere che l’AI non sostituisce l’intelligenza umana, ma ne amplifica le capacità. Perché l’AI sia sostenibile, serve un mindset aperto al cambiamento, capace di coniugare delega e controllo, sperimentazione e responsabilità.
La sostenibilità cognitiva: pensiero critico e formazione
Un altro asse fondamentale della riflessione di Puliafito è la formazione delle nuove generazioni. Il manager, che collabora con istituzioni scolastiche e università, evidenzia come l’AI stia modificando il modo in cui apprendiamo e pensiamo. «Le neuroscienze dimostrano che l’uso dell’AI attiva nel 70% dei casi il pensiero veloce», ricorda, citando le teorie di Daniel Kahneman. «Rischiamo di spegnere il cervello e di ridurre la capacità critica se non impariamo a usarla consapevolmente».
Per questo, sostiene, è necessario insegnare sin dalla scuola il principio di “governare la tecnologia, non subirla”. L’AI non deve diventare una scorciatoia cognitiva, ma uno strumento di crescita. Le persone devono saper validare le informazioni generate dalle macchine, distinguere il vero dal plausibile, e mantenere una capacità autonoma di giudizio.
Il lavoro che cambia: dall’assistente al partner digitale
La trasformazione portata dall’intelligenza artificiale investe anche il mondo del lavoro. Durante un recente confronto con manager e consulenti finanziari, Puliafito ha raccolto una tendenza significativa: «Le grandi società non assumono più junior per le attività di base, perché l’AI le svolge più rapidamente e con meno errori».
Questo scenario apre un tema delicato: se le attività di ingresso vengono automatizzate, come si forma la prossima generazione di professionisti? La risposta, secondo Puliafito, sta nella nascita di profili ibridi, dove la competenza tecnica convive con la capacità di supervisionare e indirizzare i modelli di AI. Le aziende cercheranno sempre più figure in grado di collaborare con l’intelligenza artificiale, non di sostituirla.
Anche l’educazione, spiega, dovrà adeguarsi a questa logica. «I ragazzi devono capire che studiare non serve solo a fare ciò che la macchina non sa fare, ma a saper controllare ciò che la macchina fa al posto loro». L’AI, in questa prospettiva, diventa parte integrante del processo educativo e lavorativo, e la sostenibilità si estende al campo cognitivo e sociale.
Verso un’economia dell’efficienza intelligente
Per Mirko Puliafito, la sostenibilità dell’intelligenza artificiale non si misura soltanto in termini di consumo energetico, ma soprattutto nella capacità di generare valore tangibile per imprese e persone. L’AI è sostenibile quando produce risultati misurabili, riduce sprechi, accelera decisioni e promuove una cultura consapevole dell’innovazione.
La vera sfida, sottolinea, è trovare il punto di equilibrio tra impatto tecnologico e responsabilità umana. È su questa intersezione che si gioca il futuro delle imprese e delle competenze, in un’economia in cui la sostenibilità non è più solo ambientale, ma anche organizzativa, digitale e cognitiva.







