Il digitale non è solo una leva tecnologica, ma una dimensione sempre più centrale della società contemporanea. A ricordarlo è Domenico Favuzzi, presidente e CEO di Exprivia, in un’intervista rilasciata al podcast Money Vibez Stories del Quotidiano Nazionale. Il manager ripercorre la storia di una delle più solide realtà italiane dell’ICT e riflette sul ruolo dell’Italia nell’innovazione digitale, tra intelligenza artificiale, cybersecurity e osservazione satellitare, fino alle sfide di governance globale che l’Europa deve affrontare.
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Dalla Puglia alla Borsa: la crescita di un’impresa tecnologica italiana
Exprivia nasce da un’idea sviluppata alla fine degli anni Ottanta in Puglia, quando il giovane Favuzzi, laureato in Scienze dell’Informazione, sceglie di non trasferirsi a Milano o Roma, ma di restare nel Mezzogiorno per costruire un’impresa tecnologica. «All’epoca – racconta – nel nostro territorio c’erano ottime università ma pochissime aziende informatiche, e quelle presenti erano in crisi. Abbiamo deciso di rimanere e di puntare ai grandi progetti nazionali».
Nei primi anni l’azienda si dedica alla formazione e alla subfornitura, diventando un polo di crescita professionale per molti giovani che poi trovavano impiego presso i clienti. La svolta arriva con l’apertura delle sedi di Milano e Roma, all’inizio degli anni Duemila, e con la quotazione in Borsa nel 2005, momento in cui, spiega Favuzzi, «ci siamo accorti di essere diventati un’impresa a tutti gli effetti, con piani di sviluppo e strategie di crescita strutturate».
Oggi Exprivia conta circa 3.600 professionisti distribuiti in tutta Italia e una presenza all’estero, pur mantenendo la sede legale a Molfetta.
L’aerospazio e il Digital Twin della Terra
Tra i progetti che meglio rappresentano l’innovazione digitale in Italia, Favuzzi cita il programma Iride, finanziato dal PNRR e coordinato dall’Agenzia Spaziale Italiana in collaborazione con l’ESA. Il piano prevede la creazione di una costellazione di circa 30 satelliti per l’osservazione della Terra, con l’obiettivo di fornire dati ad alta risoluzione per usi civili, scientifici e industriali.
Exprivia è capofila del consorzio che gestisce l’acquisizione e la distribuzione dei dati generati dal sistema. «La nostra responsabilità – spiega Favuzzi – è rendere disponibili questi dati per i vari impieghi, dalle smart cities alla gestione dei territori, dalla sicurezza al monitoraggio ambientale».
L’insieme delle informazioni raccolte contribuirà alla costruzione del Digital Twin del pianeta, una rappresentazione digitale dinamica della Terra basata sull’osservazione satellitare. Per Favuzzi, questa infrastruttura «consentirà di prevedere fenomeni, gestire meglio le risorse e prendere decisioni più informate, creando un collegamento diretto tra spazio e vita quotidiana».
Lo spazio, sottolinea, non è più solo un terreno di conquista, ma «un’estensione del digitale»: una piattaforma per le comunicazioni, l’analisi dei dati e la resilienza dei sistemi economici e sociali.
Cybersecurity e cittadinanza digitale: la nuova frontiera della protezione dei dati
Un altro asse centrale dell’innovazione digitale in Italia riguarda la cybersecurity, ambito in cui Exprivia è impegnata nel supportare pubbliche amministrazioni e imprese. Favuzzi richiama l’attenzione sul ritardo culturale e organizzativo con cui il Paese si è affacciato al tema: «Negli ultimi anni abbiamo trasferito gran parte delle nostre azioni e informazioni sul digitale, ma senza le cautele che la società ha maturato in secoli di esperienza fisica. Per questo siamo ancora indietro sulla sicurezza».
Il manager parla di una sfida che non riguarda solo la tecnologia ma la cittadinanza digitale, perché «proteggere i dati significa tutelare i diritti individuali e collettivi». L’approccio dell’azienda combina diagnosi, analisi e costruzione di architetture di sicurezza adattive, ma la vera partita, aggiunge, «è culturale: capire dove finiscono i nostri dati, quanto restano conservati e in che modo possono influire sulle nostre vite future».
Favuzzi evidenzia come la sicurezza pubblica e privata siano ormai interconnesse: «Oggi la sicurezza delle aziende è un tutt’uno con quella istituzionale del Paese. Solo sistemi integrati possono diventare più resilienti agli attacchi».
L’intelligenza artificiale come opportunità da governare
Sul fronte dell’intelligenza artificiale, Favuzzi la considera una grande opportunità per il progresso e la produttività, ma sottolinea come il suo utilizzo reale sia ancora limitato. «Oggi – osserva – usiamo forse lo 0,3% del potenziale dell’intelligenza artificiale. La maggior parte delle persone la incontra senza saperlo, nei sistemi di raccomandazione degli smartphone o nelle applicazioni di assistenza automatica».
Secondo il CEO di Exprivia, la sfida per l’Italia e per l’Europa non è tanto di competenza, quanto di capacità di investimento. «Abbiamo una forte tradizione scientifica, ma mancano i capitali per trasformare la conoscenza in tecnologia. Gli Stati Uniti e la Cina sono avanti perché hanno investito in modo massiccio nel trasferimento industriale del sapere».
Favuzzi richiama anche i rischi geopolitici della concentrazione tecnologica: «Nel digitale, il primo che arriva catalizza quasi tutto il mercato. È una dinamica che può generare dipendenze e squilibri globali, per questo serve una governance internazionale che bilanci potere tecnologico e sovranità dei dati».
Un esempio che porta a sostegno è quello dei conflitti moderni, in particolare la guerra in Ucraina, che definisce «la prima nella quale si è sperimentato su larga scala l’uso coordinato dei droni e di sistemi digitali collaborativi». Una dimostrazione di quanto il digitale sia ormai anche una variabile strategica delle relazioni internazionali.
La dimensione umana dell’imprenditore digitale
Nel dialogo con Money Vibez, Favuzzi mostra anche un volto più personale dell’imprenditoria tecnologica. Racconta l’onore di essere nominato Cavaliere del Lavoro nel 2015, riconoscimento che definisce «una gratificazione ma anche una responsabilità: i Cavalieri del Lavoro sono persone che devono continuare a produrre innovazione, crescita e occupazione».
Parla con ironia della propria difficoltà a spiegare ai figli che lavoro svolge: «Per anni hanno pensato che aggiustassi computer», e confessa di non ricordare quando ha usato per l’ultima volta un’agenda cartacea, ormai sostituita da quella digitale. «Ogni tanto mi arrivano ancora, ma dopo pochi giorni torno al digitale: è indispensabile per collaborare e gestire il tempo».
Un tempo che considera la risorsa più preziosa: «Il problema più grande che abbiamo noi imprenditori è la mancanza di tempo. La tecnologia aiuta, ma serve disciplina per ritagliarne un po’ per la lettura e per pensare con libertà, perché l’approfondimento è fondamentale in un’epoca di trasformazione tecnologica e geopolitica».
L’etica del fare: scrivere o costruire qualcosa che resti
Favuzzi chiude il suo racconto con un episodio simbolico: un fermacarte regalato dal figlio, su cui è incisa una frase di Benjamin Franklin: «O scrivi qualcosa che valga la pena di essere letto o fai qualcosa che valga la pena di essere scritto». Un oggetto che, spiega, «mi ricorda ogni giorno che il lavoro di un imprenditore non è solo creare valore economico, ma lasciare un segno positivo, qualcosa che valga la pena di essere ricordato».







