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CatNat e Insurance Inclusion. Brandimarte (presidente IAA): “l’educazione assicurativa come chiave per la svolta culturale delle PMI”



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L’introduzione obbligatoria della polizza “catastrofi naturali” segna un passaggio cruciale per le imprese italiane: da semplice adempimento normativo a leva di inclusione e cultura assicurativa. Favorisce la protezione del tessuto produttivo, riduce il divario di copertura contro eventi naturali e promuove consapevolezza, prevenzione e formazione come basi della resilienza economica

Pubblicato il 28 ott 2025

Simone Ranucci Brandimarte

presidente IIA – Italian Insurtech Association



Simone Ranucci Brandimarte
Simone Ranucci Brandimarte

Con l’introduzione dell’obbligatorietà della polizza CatNat (catastrofi naturali) per le imprese italiane siamo davanti a una fase decisiva, che va ben oltre il mero adempimento normativo. È un cambiamento strutturale che può accelerare l’inclusione assicurativa tra le PMI, portando molti soggetti che finora non utilizzavano coperture contro eventi estremi ad adottarle, favorendo una protezione diffusa del tessuto economico e aumentando la resilienza nei confronti dei danni causati da calamità naturali.

Secondo il Rapporto IVASS 2024 sui rischi catastrofali, l’Italia registra un protection gap stimato in oltre 90 miliardi di euro e ciò significa che la gran parte delle perdite derivanti da calamità naturali rimane a carico diretto di imprese e cittadini.

L’obbligo CatNat rappresenta quindi una misura di insurance inclusion che contribuisce a ridurre questo divario, portando nel mercato assicurativo anche soggetti tradizionalmente esclusi, come microimprese e realtà produttive di territori più fragili.

Le imprese devono fare i conti con i rischi concreti

La normativa spinge le imprese a fare i conti con i rischi concreti: dall’alluvione al terremoto, dalle frane alle inondazioni. Per molte PMI questo significa muoversi in territori nuovi: capire la differenza tra beni assicurabili, valutare macchinari, attrezzature, scoperti e massimali, comprendere come si calcola il premio. In questo processo diventa più forte la spinta a cercare consulenza, a confrontare preventivi, a mettere a fuoco quanto realmente costa proteggere il patrimonio aziendale.

Secondo indagini condotte da simulatori assicurativi presenti online è evidente come i costi di una polizza CatNat per una piccola impresa non siano necessariamente proibitivi: ad esempio, per un ristorante il premio può oscillare fra 340 e 470 euro l’anno, per un’autofficina fra 359 e 551 euro, per un hotel oltre i 1.000 euro nelle aree a maggiore rischio. Questi numeri rendono evidente come la sostenibilità economica della copertura sia parte integrante del percorso di inclusione.

In altre parole, l’obbligo CatNat spinge le imprese a sviluppare una maggiore consapevolezza nella gestione del rischio, passando da un approccio reattivo a uno realmente preventivo.

Le opportunità: l’educazione come leva per un nuovo mercato assicurativo

Il vero punto di svolta non è solo l’obbligo in sé, ma la possibilità di trasformarlo in un momento di crescita culturale: l’educazione deve diventare il primo livello di servizio che il mercato offre: formare prima di vendere, spiegare prima di proporre. In questo senso, l’educazione diventa un fattore strategico tanto per le imprese quanto per le compagnie, i broker e gli intermediari: informare, spiegare, formare sono azioni che costruiscono fiducia e rendono il mercato più maturo.

L’obbligatorietà della copertura CatNat può quindi diventare un motore di consapevolezza collettiva, un’occasione per diffondere conoscenze di base sulla gestione del rischio e per avvicinare le PMI a una logica assicurativa più evoluta e partecipativa. Solo attraverso una comunicazione chiara e percorsi formativi mirati sarà possibile trasformare un adempimento normativo in un cambiamento strutturale di mentalità.

Solo un’impresa consapevole può poi valutare estensioni di protezione più ampie, scegliendo con criterio le coperture aggiuntive realmente utili.

Le imprese sono chiamate a tutelare direttamente il proprio patrimonio

L’obbligatorietà di CatNat diventa di fatto un canale privilegiato di dialogo: le imprese, chiamate a tutelare direttamente il proprio patrimonio, sono spinte a conoscere meglio cosa coprono le polizze e a valutare i rischi legati al proprio settore e al territorio in cui operano. Questo passaggio apre lo spazio per accompagnarle con informazioni chiare, momenti formativi e spiegazioni sulle diverse tipologie di copertura – tradizionali, parametriche o behavioural – mostrando anche come la prevenzione possa incidere sul costo della protezione.

In questo modo il cross-selling non è percepito come una forzatura, ma come un’evoluzione naturale del percorso di tutela, capace di ampliare la protezione delle imprese in modo coerente e mirato.

Cosa serve fare perché questa svolta diventi concreta: l’educazione prima di tutto

Perché CatNat non resti solo un obbligo da rispettare ma diventi il punto di partenza di una vera cultura del rischio, è necessario intervenire su più fronti. Innanzitutto servono campagne di informazione che siano chiare, pratiche, vicine al linguaggio delle PMI. Occorre costruire un linguaggio assicurativo accessibile, che traduca i tecnicismi in esempi concreti e quotidiani. Non basta dire “copertura obbligatoria”, bisogna spiegare cosa significa nella pratica: quali danni copre, quali no; come cambia in base al territorio; quali costi reali implica — ma anche quali risparmi evita (tempi di fermo, ricostruzione, perdita di produzione).

In secondo luogo, le istituzioni devono facilitare l’accesso: regolamentazioni uniformi, guide operative, incentivi per chi fa prevenzione, supporti fiscali, strumenti digitali che aiutino a simulare scenari (quanto costa un rischio, quanto costa la polizza). Particolarmente utile sarebbe un sistema di comparazione semplice e trasparente delle offerte assicurative, in cui si possano valutare subito premio, franchigie, scoperti, massimali, esenzioni, limitazioni.

L’importanza della formazione e dell’educazione

Infine, la formazione, che diventa quindi un pilastro strategico, non solo per le imprese ma per l’intero ecosistema assicurativo. Rafforzare le competenze lungo tutta la filiera significa non soltanto ridurre le incomprensioni o le sorprese in caso di sinistro, ma soprattutto contribuire alla costruzione di un mercato più maturo, trasparente e capace di sostenere la crescita del sistema produttivo nel lungo periodo. L’educazione non è un capitolo collaterale, ma la condizione perché la riforma CatNat diventi realmente efficace.

L’educazione è anche il fattore che trasforma l’obbligatorietà in inclusione: senza conoscenza e consapevolezza, la polizza CatNat resterebbe un adempimento burocratico; con percorsi educativi diffusi diventa invece un accesso equo e condiviso alla protezione, ampliando la base assicurata e riducendo le disuguaglianze tra imprese di diversa dimensione e territorio.

Conclusioni

Le polizze CatNat, se accompagnate da educazione, trasparenza, innovazione e supporto, possono trasformare l’assicurazione da spesa percepita come imposta a strumento di resilienza diffusa, capace di proteggere imprese, territori e comunità. È l’occasione per costruire un ecosistema in cui prevenzione, responsabilità e consapevolezza diventino parte integrante del fare impresa e del rafforzamento del tessuto economico nazionale.

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