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Open source – Dirk-Peter van Leeuwen (Suse): “le idee migliori vincono”



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La riflessione del CEO di Suse mostra come l’innovazione open source sia guidata da community capaci di accelerare sviluppo, sicurezza e sovranità digitale, grazie a un modello collaborativo che valorizza contributi tecnici e trasparenza

Pubblicato il 28 nov 2025



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Le trasformazioni digitali degli ultimi anni mostrano un fatto chiaro: l’innovazione open source produce soluzioni rapide, verificabili e condivise. Questo tema attraversa l’intervento che Dirk-Peter van Leeuwen, CEO di Suse, ha tenuto alla openSUSE Conference 2025. Le sue parole offrono uno sguardo interno su come nascono molte delle tecnologie oggi centrali nelle piattaforme open source e su quale ruolo svolgono le community nel mantenerle vive.

Il valore umano dietro l’innovazione open source

Van Leeuwen inizia ricordando il proprio percorso tecnico. Racconta di aver lavorato come ingegnere e programmatore prima dell’arrivo di Linux. Scriveva driver per Unix e poi per Linux, utilizzando linguaggi come assembly, C e C++. Questo passato continua a guidarlo. Nel tempo libero contribuisce ancora a progetti open source, spesso legati a domotica e automazione. «Mi piace quello che fate» dice alla community, spiegando che il suo legame con il software aperto nasce da una passione personale, non solo da un ruolo manageriale.

Il CEO insiste su un punto: l’open source esiste solo se esiste una community. Senza persone che sviluppano, sperimentano e propongono idee, l’etichetta “open” perde valore. La community openSUSE, attiva da vent’anni, ne è un esempio. In questo periodo ha prodotto tecnologie che SUSE considera fondamentali, molte delle quali sono oggi integrate nei suoi prodotti.

Vent’anni di contributi tecnici che hanno cambiato le piattaforme SUSE

Il CEO cita tre contributi che mostrano la forza della community:

  • YaST, strumento che semplifica la gestione dei sistemi.
  • L’integrazione di KDE, che ha migliorato l’esperienza desktop.
  • L’Open Build Service, ora adottato dalla Cloud Native Foundation e utilizzato per costruire componenti di Kubernetes.

Van Leeuwen definisce questi sviluppi «assolutamente fondamentali». Li considera esempi concreti di come l’innovazione open source nasca da contributi distribuiti, indipendenti e spesso volontari.

Meritocrazia e collaborazione: un modello che accelera le idee

Il CEO dedica parte del discorso al concetto di meritocrazia. La descrive come un principio semplice: conta la qualità di un’idea, non la posizione di chi la propone. Aggiunge con ironia: «È per questo che il mio lavoro è così facile». Il suo compito non è rappresentare il punto più alto della competenza tecnica, ma creare le condizioni per permettere agli sviluppatori di proporre soluzioni utili e migliorabili.

Questa impostazione favorisce cicli di innovazione brevi. Le persone possono confrontarsi, discutere e proporre modifiche senza aspettare processi gerarchici lunghi. L’innovazione open source cresce perché ogni contributo può diventare il punto di partenza per una soluzione migliore.

Perché l’open source accelera lo sviluppo tecnologico

Van Leeuwen parla di un ritmo accelerato nell’innovazione globale. «Ogni innovazione che abbiamo visto nell’ultimo anno è arrivata grazie all’open source».

La condivisione delle idee consente di creare nuovi strumenti in tempi più rapidi rispetto ai modelli chiusi. Il confronto continuo abbatte i tempi tra prototipo e implementazione. Le persone lavorano su codice aperto, lo estendono e lo migliorano senza dover attendere autorizzazioni o accessi esclusivi.

La velocità, però, non è l’unico beneficio. C’è anche un tema legato alla sicurezza.

Sicurezza e trasparenza: quando il codice aperto diventa un vantaggio

Molti clienti chiedono al CEO se il software open source sia davvero sicuro. La sua risposta è netta: «Se deve essere sicuro, deve essere aperto». La trasparenza permette verifiche costanti. Permette anche di scoprire rapidamente eventuali vulnerabilità.

I sistemi chiusi, invece, impediscono a ricercatori indipendenti di intervenire sui componenti critici. La sicurezza dipende dal numero di occhi che osservano il codice. Van Leeuwen sostiene che l’apertura favorisca stabilità, correzioni veloci e maggiore controllo da parte degli utenti.

Il tema della sovranità digitale e il ruolo dell’Europa

Negli ultimi mesi, osserva il CEO, la geopolitica ha riportato al centro il tema della sovranità digitale. Parla della linea del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che chiede ai Paesi di «cavarsela da soli». Questa posizione spinge governi e imprese a chiedersi se dipendere da soluzioni statunitensi sia sostenibile.

Per Van Leeuwen, l’open source offre una risposta immediata. «L’open source non ha confini, non appartiene a nessun Paese». Il codice aperto permette a chiunque di verificarne l’origine, modificarlo e usarlo senza vincoli territoriali. È un vantaggio rilevante per Stati e imprese che devono mantenere il controllo delle proprie infrastrutture digitali.

Il CEO ricorda anche l’identità europea di Suse. L’azienda nasce a Norimberga trentatré anni fa. Ha una leadership interamente europea e una storia che la rende riconoscibile nel mercato. Questo elemento, afferma, può aiutare nella costruzione di soluzioni digitali sovrane basate sull’innovazione open source.

Il sostegno economico alla community

Il discorso si chiude con un accenno al confronto interno con i dipendenti. Le domande ricevute negli all-hands, racconta van Leeuwen, spesso lo spingono a riflettere su come migliorare processi, strumenti e supporto alla community. La crescita dell’open source, nella sua visione, richiede ascolto costante e collaborazione reciproca.

Collaborazione, trasparenza e responsabilità

L’intervento di van Leeuwen offre un racconto diretto di come l’innovazione open source nasca da interazioni continue tra persone, idee e tecnologie. Le community alimentano lo sviluppo del software, garantiscono sicurezza grazie alla trasparenza del codice e contribuiscono alla sovranità digitale con modelli aperti e verificabili. L’open source non è solo una scelta tecnica: è un modo di costruire infrastrutture digitali basate su contributi condivisi e controllabili.

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