Blockchain

Blockchain in cloud, argomento di business per i partner Oracle

Il vendor affronta il tema blockchain con una propria piattaforma as a service in cloud e basata su Hyperledger Fabric, identificando mercati verticali dove le conoscenze del canale diventano indispensabili

Pubblicato il 20 Set 2018

Loris Frezzato

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Nel processo di certificazione delle filiere, tipica della blockchain, il ruolo del canale risulta essere indispensabile. System integrator con propensione al tema sono infatti sotto la lente di Oracle, intenzionata a fare leva sulle competenze specifiche che i partner possono avere sui mercati verticali e sui business model dei singoli clienti, da coniugare con le attività di consulenza e di skill tecnologici. Per le aziende e per i partner che le seguono, Oracle mette infatti a disposizione Oracle Autonomous Blockchain Cloud Service (OABCS), una piattaforma in cloud, pronta all’uso basata su modello Permissioned Fabric ma interoperabile con gli ambienti opensource, che prende in carico la gestione dei vari aspetti di salvataggio, backup, duplicazione, crescita, attraverso il proprio PaaS.

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Filippo Cutillo, Specialista Oracle EMEA di Blockchain e tecnologie transazionali

Blockchain Oracle: univocità nella registrazione degli eventi

«Con blockchain si indica quell’insieme di tecnologie che consentono di registrare eventi in modo distribuito tra diverse entità e in maniera non disputabile e immutabile – ci spiega Filippo Cutillo, Specialista Oracle EMEA di Blockchain e tecnologie transazionali -. Chiunque, anche in modo privato e anonimo, aziende, soggetti della PA o entità pubbliche che siano, può entrare all’interno della blockchain. Soggetti che per definizione sono “untrusted”, ossia il cui rapporto non si basa sulla fiducia ma che sono in qualche modo legati tra loro da motivi di business, attraverso contratti, fatture, ecc. Eventi, che riguardano le diverse parti interessate, che si intendono registrare nello stesso momento e che non siano discutibili da alcuno: dal trasferimento dei bitcoin, dei titoli, fatture, documenti di compliance per trasporto, o anche solo ricevute degli stessi. Attività che quotidianamente avvengono, ma i cui passaggi vengono solitamente registrati da ognuno con un proprio metodo e all’interno dei propri sistemi informativi, con gestioni autonome e non verificabili da altri».

Come Oracle interpreta il concetto di blockchain

Proprio al fine di semplificare la creazione e gestione delle blockchain, Oracle ha realizzato il succitato OABCS,un servizio di blockchain di tipo PaaS, basato su cloud, con l’intento di sollevare l’utente da incombenze gestionali e di provisioning, attraverso un’attivazione semplice della propria blockchain e delle istanze con un solo click. All’amministratore del processo viene chiesto solo di immettere le varie istanze sia interne al cloud Oracle, sia esterne. Come tecnologia di riferimento per la blockchain, Oracle ha scelto Hyperledger Fabric, pur consentendo interoperabilità tra diverse tecnologie e apertura verso l’ambiente opensource. Una scelta che il vendor interpreta come miglior modo di adattarsi alle esigenze di scalabilità tipiche dell’ambiente enterprise, specifiche per ogni ambito, dove sono necessari responsi di validazione in tempi brevi, senza dover sopportare latenze.

«L’orientamento verso Fabric è giustificato dalle sue caratteristiche, basate su potenzialità non banali, che coinvolgono alte capacità di CPU e di memoria – prosegue Cutillo -. Il che ci distingue dall’offerta open source, che difficilmente può garantire standard e livelli alti di servizio, non avendo al suo interno funzionalità di gestione, sviluppo e monitoraggio. Ma questo non esclude il fatto che OABCS, che invece integra tutte queste funzionalità, sia completamente interoperabile con l’ambiente open source. Oracle ha fatto così una scelta di blockchain Open Fabric, che ci rende molto diversi dall’open source, pur garantendone l’interoperabilità delle varie API, con un servizio che viene fornito con componenti “first class”, una sorta di backbone sulla quale altri soggetti possono interagire e collaborare».

Blockchain Oracle: la percezione in Italia

Nel nostro Paese Oracle ha già avviato progetti basati su blockchain, uno di questi realizzato nell’ambito del Food, un ambito su cui il vendor sta spingendo molto, che ha coinvolto Certified Origins, società che si è specializzata nel tracciamento della filiera di produzione dell’olio extra vergine d’oliva.

«Un interesse generale che in Italia ha visto una crescita soprattutto negli ultimi sei mesi – osserva Cutillo -, passando rapidamente da una fase di initial learning e di curiosità a una di concreta sperimentazione da parte dei clienti, in svariati settori: dalla supply chain, agli ambiti finanziari o al Government, quest’ultimo con grandi potenziali proprio per il suo ruolo di regolatore dei vari settori, che avrebbe così la possibilità di seguire direttamente le tracce delle entità regolate e in trasparenza per tutti i partecipanti. Il primo ambito che prevedo arriverà a utilizzare tali tecnologie è quello della supply chain, che ha un approccio molto “laico” al tema e percepisce il cloud e l’IT come commodity per fare business. Diversa cosa sono le banche, che probabilmente intraprenderanno un percorso a sé per arrivare alla blockchain, visti i temi delicati della disintermediazione che tale tecnologia andrebbe a toccare, mettendo a rischio posti di lavoro ed equilibri sindacali da preservare».

A System Integrator e alle Digital Company le maggiori opportunità dalla Blockchain Oracle

Nel processo d’acquisto della blockchain, la scelta e le modalità di partecipazione sono libere. Il proponente può basarsi su Oracle Fabric, e i partecipanti possono scegliere di acquistare un servizio a valore aggiunto dal proponente oppure comprare indipendentemente i programmi da condividere poi con il proponente stesso.

«In definitiva, si apre un mercato con grandissime opportunità, soprattutto per due tipologie di soggetti: le digital company nate come spinoff da progetti blockchain interni alle aziende, che possono proporre modelli già attivati ad altri soggetti del settore, oppure i system integrator e i partner IT più strutturati» osserva Cutillo, secondo il quale «i partner IT, in particolare, sono quelli che possono trarre importanti opportunità dalla blockchain. Questi infatti lavorano sui verticali, sulle applicazioni, sugli ERP dei propri clienti e sono quelli che possono inquadrare e impadronirsi dell’aspetto blockchain meglio di chiunque altro. Ovviamente con il nostro supporto. Dopodichè, per farne un business proprio, devono essere in grado di sganciarsi dalla visione del singolo progetto verticale e per la singola azienda e guardare orizzontalmente le diverse concatenazioni che legano i diversi partecipanti a un ecosistema».

Si tratta di partner IT anche tradizionali, ma comunque di fascia alta, in grado di percepire le opportunità derivanti dalle emerging technologies come blockchain ma anche IoT, AI, ecc.

L’approccio deve per forza di cose essere consulenziale, e il system integrator che conosce il mercato di riferimento e il business model del cliente può capire e consigliare se e dove inserire una blockchain, vendendo, di fatto, il proprio, fondamentale, valore aggiunto sulla conoscenza del processo.

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